Orientamento e Lifelong learning: l’opzione europea su fragili cantieri della Scuola italiana
Nel vocabolario della Treccani il termine “orientamento” viene descritto in questo modo: “la capacità di orientarsi, come consapevolezza della reale situazione in cui un soggetto si trova (…) rispetto al proprio io (…) e conseguentemente di prendere la direzione esatta per raggiungere il luogo voluto”.
E ancora nella spiegazione in senso figurato leggiamo: “l’avviare e guidare per una determinata via (…) per raggiungere un determinato scopo (…), l’insieme delle iniziative volte a favorire una scelta ragionata degli studi da seguire e della professione da intraprendere, tenendo conto delle attitudini dimostrate e della personalità del soggetto, delle condizioni familiari, locali e ambientali, delle tendenze del sistema produttivo e delle possibilità di occupazione. Anche, il fatto di formarsi delle idee sufficientemente chiare circa problemi, faccende complesse, argomenti di studio, attività da svolgere (…)”.
Al contrario “perdere il senso di orientamento” porta a “non raccapezzarsi, confondersi, non sapere più ciò che si fa o si deve fare”.
Ebbene nelle “Linee guida per l’orientamento” del D.M. 22 dicembre 2022, n. 328, al 1.1, è tracciato il percorso e lo scopo della riforma dell’orientamento (PNRR) e la sua finalità: “rafforzare il raccordo tra il primo ciclo di istruzione e il secondo ciclo di istruzione e formazione, per una scelta consapevole e ponderata, che valorizzi le potenzialità e i talenti degli studenti, nonché di contribuire alla riduzione della dispersione scolastica e di favorire l’accesso alle opportunità formative dell’istruzione terziaria”.
Quindi “insuccesso formativo e dispersione scolastica” sono le preoccupazioni che portano alla decisione del Mim a mettere mano ad una strategia urgente per arginare una deriva che sembra diventare sempre più preoccupante negli ultimi anni.
La Comunità europea riflette e propone una sua chiave di lettura rispetto ai bisogni di una società che muta ed è sempre più complessa ed esigente e pertanto vuole “allenare” e preparare i piccoli e grandi allievi in un’ottica di lifelonglearning (per l’intero arco della vita) mettendoli nelle condizioni di sviluppare quel potenziale da “tirare fuori” (richiamando quell’arte maieutica di socratica memoria) e da mettere in gioco attraverso abilità e competenze. In questo procedere fin dal 2006 la Comunità europea riparte dalla piena realizzazione e sviluppo della persona in possesso di competenze definite dalla stessa “un insieme di conoscenze, abilità e atteggiamenti (…) quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, l’occupabilità, l’inclusione sociale, uno stile di vita sostenibile, una vita fruttuosa in società pacifiche, una gestione della vita attenta alla salute e la cittadinanza attiva. Esse si sviluppano in una prospettiva di apprendimento permanente, dalla prima infanzia a tutta la vita adulta, mediante l’apprendimento formale, non formale e informale in tutti i contesti, compresi la famiglia, la scuola, il luogo di lavoro, il vicinato e altre comunità” (cfr https://asnor.it/it-schede-15-le_competenza_chiave_europee).
Si ribadisce, ancora una volta, la centralità della persona. Una sana crescita per un sano equilibrio e sviluppo verso la pienezza del proprio sé.
Ci chiediamo: come può avvenire questo processo di apprendimento-centralità dell’alunno se il sistema scuola è fondato su un modello ancora fortemente “trasmissivo”, se le aule e la didattica non sono in linea con questo processo di pieno protagonismo, e se l’organizzazione oraria del tempo a scuola non permette una ricerca e un’attività collaborativa unitaria e multidisciplinare al contempo.
Un’attività non può essere scandita da una campanella che zittisce un percorso appena avviato, ma soprattutto la scuola non è un “parcheggio” obbligato e/o un ‘istruzione “costretta” senza partire dalle reali esigenze e identità di una generazione che naviga e apprende in condizioni dinamiche e non statiche.
E ancora come può avvenire tutto ciò in classi numerose e con alunni che vivono un disagio ed una demotivazione alla scuola-studio alimentato ancora di più da uno schema ormai obsoleto che non risponde alle attese della cosiddetta generazione Z.
Per questo si fa necessaria e urgente una nuova strutturazione del percorso di formazione ed istruzione a partire e soprattutto dagli istituti tecnici e professionali.
Pertanto abbiamo la responsabilità di non spezzare la continuità di un apprendimento lungo tutto l’arco della vita, nel 2018 (22 maggio) il Parlamento europeo ha pubblicato la “Raccomandazione relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente” con tanto di “Allegato Quadro di riferimento europeo” e “Raccomandazione sulla promozione di valori comuni, di un’istruzione inclusiva e della dimensione europea dell’insegnamento”. Questo a due anni (2016) dalla “Nuova Agenda di Competenze per l’Europa” (New Skills Agenda for Europe) a cura della Commissione e del Consiglio d’Europa.
L’agenzia formativa per eccellenza, quale è la Scuola, ha il compito-dovere di mettere in atto le strategie per un orientamento efficace ma in un sistema rinnovato, per non mettere il vino nuovo in otri vecchi, secondo quella evangelica citazione. L’orientamento dunque non deve essere inteso come semplice informazione ma un “percorso esperienziale centrato sull’apprendimento autonomo”.
Di qui poi una formazione non solo teorica ma capace di coniugarsi con “il saper fare”. Ruolo centrale una metodologia didattica, quale l’alternanza scuola/lavoro già introdotta sia con la riforma Moratti (D.Lgs 77/2005 della L.53/2003) che con la L. 145 2018 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-21) e relativo D.M. 774 nel 2019, viene rinominata PCTO con la pubblicazione da parte del Miur delle Linee guida sui Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO).
Ma questa nuova metodologia didattica non basta, se l’impianto e il modello di insegnamento-apprendimento resta invariato. Diventa una delle tante “cose” da fare, pur nelle indicazioni di attuazione dell’orientamento delineato: Curriculum dello studente e certificazioni delle competenze, moduli di orientamento e E-Portfolio. In questo processo poi l’alunno viene “sostenuto” da un docente-tutor appositamente formato (chissà se questo tipo e “criterio” di selezione può bastare) e capace anche di fare rete tra studente, famiglia e territorio. Se non si mette mano ad un nuovo modello “quotidiano” che incentivi motivazione e partecipazione attiva (non solo per il PCTO) anche queste indicazioni rischiano di poggiarsi su fragili cantieri della Scuola italiana.
Maria De Carlo