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Intelligenza artificiale nelle scuole: educatori prometei o epimetei?

31 Dicembre, 2023

La Commissione Europea con gli “Orientamenti etici per educatori sull’uso dell’Intelligenza artificiale”, da subito si è preoccupata di quelle basi che devono sottendere all’uso dell’IA.

Dobbiamo avere chiaro noi tutti che stiamo parlando di uno strumento, un mezzo, e in quanto tale esso va utilizzato. L’approccio dunque è di tipo antropocentrico. Come il documento stesso esplicita. 

Al centro dell’attenzione c’è la centralità dell’uomo, in quanto persona e individuo con la capacità di “diventare un membro competente della società. Una persona capace di intervenire può determinare le proprie scelte di vita ed essere responsabile delle proprie azioni. La nozione di intervento abbraccia concetti ampiamente utilizzati come autonomia, autodeterminazione e responsabilità. L’equità si riferisce al trattamento equo riservato a tutti dall’organizzazione sociale. Occorre introdurre processi trasparenti affinché tutti gli utenti abbiano pari accesso alle opportunità. Rientrano in questo quadro l’equità, l’inclusione, la non discriminazione e l’equa distribuzione di diritti e responsabilità. L’umanità riguarda l’attenzione alle persone, alla loro identità, integrità e dignità. Dobbiamo tener presente il benessere, la sicurezza, la coesione sociale, il contatto significativo e il rispetto necessario per instaurare legami umani significativi. Legami umani di questo tipo comportano ad esempio la necessità di avvicinarsi alle persone rispettandone il valore intrinseco ed evitando di considerarle insiemi di dati o strumenti per realizzare un fine”. 

È quanto viene richiamato nelle quattro considerazioni a fondamento di un uso consapevole dell’IA: intervento umano; equità; umanità e scelta giustificata. Quest’ultima poi riguarda proprio “l’uso della conoscenza, dei fatti e dei dati per giustificare scelte collettive necessarie od opportune effettuate da vari portatori di interessi nell’ambiente scolastico. Esige trasparenza e si basa su modelli decisionali partecipativi e collaborativi oltre che sulla spiegabilità.”

La questione dell’IA a scuola ci proietta come Prometeo (colui che pensa prima) in un’era nuova che man mano si sta delineando. Ciò non può che farci piacere, perché come il titano ci troviamo investiti del dono dell’uso della techne, e tutto ciò che essa comporta (con in mano il vademecum etico) per favorire, attraverso un lavoro sinergico tra studente-educatore-dirigente-intera comunità scolastica, quel binomio insegnamento-apprendimento nell’IA. 

E si parte con quella prudenza che il documento auspica quando afferma: “si tratta di introdurre gradualmente questi strumenti nei loro contesti e di monitorare costantemente gli effetti sociali che ne possono derivare, mantenendo la possibilità di tornare sui propri passi se si verificano conseguenze indesiderate”.  Si ribadisce l’uso consapevole e responsabile. 

La preoccupazione nasce nel momento in cui ci guardiamo intorno, a partire dalle condizioni disagiate delle stesse strutture scolastiche, dalla mancanza di aule o di palestre, per arrivare alla difficoltà di reperire un semplice “nastro adesivo” (tralascio tutto il resto), dai servizi (e disservizi) delle infrastrutture, etc etc. A questo si aggiunge poi un sistema scolastico che prima ancora di strumenti (IA compresa) necessita di ripensare l’intero contesto strutturale. Come ebbi a scrivere qualche tempo fa: “L’impianto delle discipline e dell’orario appartiene ad un modello, se non del tutto anacronistico, certamente in contraddizione con la scuola 4.0 e/o sul modello campus. Siamo in un ibrido fortemente condizionato dal modello tradizionale” (Professione docente in tempi di guerra, pp. 67-68, bré edizioni). 

Allora, se da una parte siamo pronti a parlare e ad attuare percorsi tecnologici “così avanzati”, lo siamo altrettanto sul piano di quel profondamente umano da educere che costruisce comunità felici? Oppure “medicalizziamo” malesseri causati da un’assenza di corrispondenza tra ciò che la scuola propone e le reali esigenze di un’evoluzione sociale. A questo si aggiunge il fatto che negli ultimi tempi, ad ogni evento fallimentare, la Scuola viene chiamata in causa, come una sorta di capro espiatorio di quel male sociale che è frutto di una enorme complessità. Più che rimescolarsi in ciò che causa la perdita di orientamento, è necessario praticare cambiamenti e sperimentare un nuovo che non è soltanto di tipo tecnologico. 

Dobbiamo riprendere in mano la parola e il dialogo. L’ascolto e la mediazione. Dobbiamo praticare le community di ricerca. Solo allora l’IA se ben praticata, può creare opportunità e condizioni per ri-orientare i percorsi esistenziali dei nostri stakeholders.

E che non accada di trovarci nei panni di Epimeteo, colui che riflette in ritardo! 

Maria De Carlo

admin
31 Dicembre, 2023