Riflessione su Learnfare e Problem Posing a partire da un’esperienza. Dove stiamo andando?
Quando parliamo di Learnfare è opportuno soffermarci sul Lifelong Learning (LLL) in una visione di Welfare. Il Lifelong Learning si basa sull’unione dei concetti di apprendimento e cambiamento.
Se apprendere significa avere le abilità necessarie per interpretare, assimilare le informazioni e modificare le conoscenze, il cambiamento è il motore della vita, ovvero l’uso dell’intelligenza per adattarsi al continuo divenire.
L’obiettivo del LLL, ribadito anche dal rapporto UNESCO del 2020 “Futures of Education”, è lo sviluppo di un apprendimento permanente, in grado di promuovere un’economia globale sostenibile per abbattere le disuguaglianze e le barriere socio-economiche causate da politiche aggressive del profitto, dal cambiamento climatico, dalla pandemia e da scelte socio-politiche volte alla conservazione dello status quo.
La scuola deve, dunque, fornire ai suoi studenti la passione e le capacità necessarie per formarsi durante l’arco della loro vita, quale diritto personale di autodeterminazione, per costruire una società che riconosca i diritti di tutte le persone, nel rispetto della salvaguardia della biodiversità degli ecosistemi.
Nel Learnfare l’apprendimento permanente diventa lo strumento per abbattere le disuguaglianze e promuovere il benessere degli studenti; nella logica dello sviluppo sostenibile, ogni ecosistema ha diritto al benessere. Non solo gli studenti.
Pensando alle considerazioni del pedagogista Ken Robinson, il sistema scolastico esistito fino ai giorni nostri si rifà ad una struttura didattica che risale alla rivoluzione industriale: studenti istruiti alle abilità del mondo del lavoro, rispondente alla logica delle industrie e della classe operaia, con lo scopo di migliorare la produttività in ambito lavorativo. Anche noi insegnanti siamo il prodotto di questa formazione. Siamo in grado di proporre una visione diversa ai nostri giovani?
La parola d’ordine usata nell’ultimo decennio è Problem Solving: trovare soluzioni alternative e creative ai problemi della quotidianità della vita. La scuola è nelle condizioni di risolvere i problemi? Ma soprattutto: è in grado di riconoscere e affrontare i problemi reali?
Fermiamoci e riflettiamo seriamente, insieme. Iniziamo a ragionare con la logica del Problem Posing.
Dalla stesura di questo articolo alla sua revisione, ho vissuto in modo nuovo lo stare in Romagna. “Uscite solo se è necessario - salite ai piani alti - preparate uno zaino con acqua potabile e cibo – tenete carico il cellulare per chiamare i soccorsi - monitorate i messaggi di allerta della Protezione Civile…” Parole come queste hanno scandito un tempo in cui le giornate e le nottate si sono confuse fino a perdersi in un’ansia incalzante.
Le strade percorse quotidianamente, la scuola in cui lavoro, i luoghi ormai familiari sono stati sommersi dalla furia dell’acqua. Le comunicazioni con amici e colleghi per avere loro notizie si sono alternate all’angoscia per i telefoni che sono rimasti muti, in un’amara attesa del turno della mia casa. Fino a quando anche Internet ha ceduto.
Le autorità competenti ci hanno detto che è stato un evento di portata mai vista in precedenza e gli esperti del clima che dovremo abituarci a questo genere di fenomeni. Problem Posing: abituarci ad una ciclica distruzione e ricostruzione o educarci ad una nuova cultura?
Nel sito del MIM si legge che “la transizione ecologica è un percorso civico verso un nuovo modello abitativo. La scuola ha il compito di accompagnare la società verso questo percorso e dovrà riuscire a diffondere velocemente un nuovo stile di vita, un nuovo modello di società che non prevede lo scarto né l’usa e getta. Dovrà essere in grado di fornire strumenti culturali alle nuove generazioni per comprendere i nuovi paradigmi lavorativi e i nuovi contesti sociali.”
E ancora “Bisogna insegnare ai giovani ad abitare il mondo in modo nuovo nella consapevolezza che un mondo nuovo non c’è.”. Parole forti.
In Emilia-Romagna non ci si piange addosso: durante la ricostruzione si dovrà indicare la rotta verso l’orizzonte tracciato dalla transizione ecologica, progetto globale che deve partire da noi docenti. Dobbiamo analizzare il profondo mutamento della società e metterci in dialogo con i ragazzi, che spesso sono detentori di soluzioni pragmatiche.
Nella prima metà dello scorso secolo Albert Einstein scriveva “Le gravi catastrofi naturali reclamano un cambio di mentalità che obbliga ad abbandonare la logica del puro consumismo e a promuovere il rispetto della creazione”. Nonostante il ritardo, è necessario cambiare la visione dal genere urbano a genere umano e accogliere con fiducia la nuova generazione.
Non sprechiamo questa opportunità!
Jessica Scambiato Licciardi