Il merito come indice di disuguaglianza.
“L’arroganza nelle persone di merito offende ancor più che l’arroganza degli uomini senza merito: perché già il merito offende.”
Friedrich Nietzsche
(da “Umano, troppo umano “- 1878)
Le moderne società stanno andando sempre più verso un’ organizzazione di tipo meritocratico, dove la posizione sociale viene acquisita grazie al “ merito” di ognuno. Sembrerebbe che tale organizzazione dal punto di vista sociologico porti dei benefici poiché ognuno occuperebbe una posizione più appropriata alle proprie competenze.
Il merito avrebbe la capacità di superare il limite della divisione data dall’ origine sociale e potrebbe essere vista come una qualità propria dell’ individuo.
Recentemente si è anche parlato di una “ meritocrazia dell’ istruzione” per designare un contesto sociale dove le posizioni sono correlate al livello d’ istruzione e dove la scuola è l’ istituzione che attribuisce questi meriti individuali. I tempi sembrano alquanto maturi visto che proprio il nuovo governo Meloni ha cambiato il nome da Ministero dell’ Istruzione a Ministero dell’ Istruzione e del Merito.
Ma il filosofo Michael Sandel, in una sua opera, ci dice che una società meritocratica non è una società orientata all’ uguaglianza poiché, pur superando le differenze di posizione economico sociale non nega l’ esistenza di gruppi comunque privilegiati, dovuti a “meriti” personali che si identificano in talenti, sforzi, impegno .
Si può quindi affermare, che pur superando delle disparità convenzionali se ne creino altre di tipo diverso, concepiti come moralmente legittimi. Tuttavia un miglioramento sulla scala della mobilità sociale viene intrapreso rispetto alle società del passato che erano basate esclusivamente su privilegi baronali e di casta.
Se volessimo ancora, attuare una riflessione accurata sul concetto di “merito”, potremmo vedere che vi sono delle caratteristiche personali che incidono come dei facilitatori del successo dell’ affermazione sociale, come ad esempio la bellezza, le condizioni di salute, il carattere, l’ attitudine al sacrificio, la responsabilità .
Capita quindi, che il più delle volte i ragazzi meritevoli siano quelli maggiormente seguiti dalle famiglie, hanno una grande voglia di mettersi in discussione, valorizzano il loro impegno costante. Ma tutto questo possiamo farlo rientrare nei “ meriti personali” o è una componente disposizionale?
Ecco allora, che lo stesso concetto di “ merito” diventa un “nonsense”, un escamotage che giustifica la collocazione sociale e il proprio compiacimento personale. Il merito di uno studente corrisponde simultaneamente al demerito di un altro studente, che regala a quest’ ultimo un senso di fallimento e disistima.
La meritocrazia sembrerebbe quindi una buona ricetta per alimentare la discordia sociale.
Infatti, ci hanno abituati a credere che una società meritocratica sia una società giusta ma dietro all’idea del merito si nasconde un inganno. Se non ci sono pari opportunità vincerà sempre chi ha più mezzi e chi perderà, invece, dovrà incolpare solo se stesso.
Rosalia Rossi