L’Arte Contemporanea. Un trait d’union tra psiche e techne
“Tu mi rubi l’anima/ Ma poi la getti via da me”, cantavano i Collage in un pezzo del 1988 per descrivere i tormenti di un innamorato.
In riferimento all’immaginario collettivo circa l’ Intelligenza Artificiale, questo verso potrebbe ben rappresentare i sentimenti dei cosiddetti tecnofobi, di quanti cioè demonizzano lo sviluppo tecnologico, immaginando scenari distopici, con vissuti di espropriazione, ad opera delle macchine, non soltanto rispetto alla dimensione professionale (timore più plausibile e immediato), ma anche rispetto alla dimensione sentimentale e a quella coscienziale.
Il sociologo Francesco Morace, fondatore e direttore dell’Istituto Internazionale di Ricerca Future Concept Lab, con sede principale a Milano, dove, mediante l’osservazione dei comportamenti, si lavora per supportare la consulenza strategica per l’innovazione, ben spiega come il conflitto che la questione dell’ Intelligenza Artificiale accende si sviluppi tra due dimensioni: Psiche, ossia la dimensione umana e Techne, quella della tecnologia. ( fonte “Intelligenza Artificiale e Umana Creatività” – Francesco Morace – TEDx Treviso https://you.be/qQ03TLY3ZAw?si=c8ffS0xm5zD5npAe).
Lo studioso propone una visione, un metodo di decodifica dei nuovi scenari sociali e umani, secondo cui nei sistemi di relazione umana l’innovazione tecnologica fa parte di un progetto di vita, che, per non configurarsi come distopico, deve necessariamente svilupparsi al contempo in due direzioni: quella del rafforzamento di tutto ciò che è intorno e alla base dell’innovazione tecnologica, cioè l’umano (talento, ingegno, creatività…) e quella della responsabilità.
Non si può che essere filosoficamente e pedagogicamente concordi con il sociologo Morace.
Si può aggiungere che, affinché il progetto di vita non divenga distopico, lo sviluppo tecnologico deve poter comunicare etica. Dovrebbe, altresì, influenzare eticamente la nostra percezione del mondo.
Non è detto che lo sviluppo, in questo caso tecnologico, sia verticale e porti alla realizzazione del sogno, perché potrebbe verificarsi una sorta di sopravanzo del risultato finale. A pensarci bene, alla base del cambiamento in atto non c’è solo la motivazione, ma la seduzione di ciò che risulta comodo e facile, poiché la nostra mente preferisce rispondere alla “legge del minimo sforzo”.
È dunque alto il rischio di un approccio furbo e di un atteggiamento passivo rispetto alle opportunità offerte dall’ Intelligenza Artificiale.
Mentre, al polo opposto, si dovrebbe modulare il sentimento che scaturisce dalla percezione che attraverso le nuove tecnologie, qualcosa di ultraterreno, soprannaturale, stia per accadere a danno dell’umanità e a vantaggio delle macchine. La spiacevole sensazione di trovarsi al confine tra visibile e invisibile. Il presagio di un’apocalisse.
Lo scenario che dinnanzi ci si presenta necessita di essere letto e interpretato attraverso lenti nuove: le lenti del pensiero critico e della consapevolezza sia delle opportunità sia dei rischi che l’avanzare dell’ Intelligenza Artificiale comporta.
La parte dedicata alla Competenza Digitale della Raccomandazione del Consiglio Europeo del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, oltre all’alfabetizzazione informatica, digitale, mediatica, la creazione di contenuti digitali, la comunicazione, la collaborazione, la risoluzione dei problemi e le questioni legate alla sicurezza e alla proprietà intellettuale, comprende anche il pensiero critico.
Tale competenza include, altresì, la comprensione del modo in cui le tecnologie digitali attivano, implementano e supportano la comunicazione, l’innovazione e la creatività.
Da questa prospettiva, Psiche e Techne appaiono come dimensioni solo apparentemente opposte. Ne è una dimostrazione ciò che accade nell’ arte contemporanea, dove il digitale diviene un modo altro e non meno efficace di veicolare temi e messaggi consueti dell’universo artistico. Motivo per cui è ormai frequente tra gli artisti virare verso la realtà interagibile.
Diversi gli artisti storici che, con perspicacia e coraggio, nelle loro produzioni hanno fatto ricorso alle potenzialità delle nuove tecnologie. È così che, per fare un esempio, l’ ”arte carnale” di Orlan (1947), storica performance artist francese, è divenuta nel tempo virtuale e digitale. Alla mostra del Macro, Museo d’arte Contemporanea di Roma, a cura di Alessandra Mammì, intitolata “VideOrlan – technobody” (2017), compariva in esposizione fra le altre opere anche “Experimentale mise en jeu” (2015 – 2016), un videogioco di realtà aumentata con cui si poteva giocare, interagendo con cloni (cyborg) dell’artista.
L’americano Bruce Nauman (1941), uno degli artisti più significativi degli ultimi tempi, è stato un antesignano dell’utilizzo delle tecnologie a scopi creativi.
Ian Cheng (1984), per fare un altro esempio, è un artista californiano che realizza video digitali facendo ricorso a vari riferimenti di intelligenza artificiale.
L’artista greco Miltos Manetas inizia il suo percorso creativo nel mondo virtuale sin dai primi anni ’90.
Nell’ottava edizione di Digitalife (2017), dedicata alle nuove tecnologie a all’arte digitale, nell’ambito di Roma Europa Festival, tenutasi a Palazzo delle Esposizioni di Roma, in una delle sezioni della mostra i fruitori erano coinvolti in esperienze immersive mediante sofisticate architetture audiovisive ed imponenti installazioni.
Questo a dimostrazione che le nuove tecnologie sono in grado di offrire agli artisti modi altri di rappresentare il reale (modi sui quali fermarsi a riflettere, certamente!) e nuove e più ampie possibilità espressive.
Non si può ignorare il fatto che l’avvento delle nuove applicazioni per la “Realtà Aumentata” e per il “Metaverso” abbia dato inizio nell’industria dell’arte ad una profonda trasformazione.
Proliferano spazi virtuali interattivi che, abbattendo le limitazioni del mondo fisico, accolgono interventi di artisti da ogni dove.
Con il “Metaverso” anche le pratiche espositive museali si evolvono. Dalla pandemia da Covid 19 ad oggi, il processo di digitalizzazione - già in fase di attuazione - dei musei ha subito un’impennata.
Significativa è stata la proposta del MAXXI L’Aquila di un programma nel metaverso ARIUM, che è un metaverso browser based per l’arte, pensato appositamente per la produzione e lo sviluppo di mostre digitali. Il programma è stato dedicato all’interazione tra realtà fisica e mondo digitale, proponendo agli utenti esperienze artistiche interattive, con possibilità, dunque, di comunicazione con lo spazio fisico del museo.
Viene da dire che nell’arte la relazione tra reale e virtuale è un modo di guardare la vita e provarla, sperimentarla, al quale vale bene la pena porre attenzione.
Se ne può trarre che “Qualsiasi cosa sia e sarà l’arte, essa corre parallela alla storia e ne restituisce una narrazione” (cfr. pag. 25 di “L’arte contemporanea” di Angela Vettese – Ed. il Mulino.
Anna Rita Cancelli