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Record di abbandoni dopo il primo anno, calano le immatricolazioni-: è tempo di Orientatori

08 Luglio, 2023

Sempre meno laureati in Italia, non solo oggi ma anche in prospettiva futura. Il dato emerge dalle statistiche sul numero di iscrizioni, abbandoni e laureati riportato nel report del ministero dell'Istruzione e del Merito.  I dati fotografano una situazione in declino per le università- questo si legge in molte riviste di settore, ma sarebbe utile analizzare più nel dettaglio i dati che sono il risultato di tanti aspetti, ognuno importante e su cui intervenire: abbiamo difronte una nuova generazione, che scopriamo ora dopo la pandemia, ma che è il risultato di un continuo e percettibile cambiamento che avremmo già dovuto cogliere; essi sono diversi nella motivazione allo studio, nell’impegno, nella  capacità di attenzione e soglia di concentrazione e sottoposti a continua sollecitazione da parte di  stimoli di diversa natura  spesso di tipo multisensoriali.  Tutte queste facce richiedono interventi mirati, condivisi che veda protagonista il collegio docenti, che sotto la guida del Dirigente progetti azioni di formazione mirata che possa tradursi in scelte didattiche condivise e funzionali alle esigenze di una utenza cambiata che chiede altre attenzioni educative. Non a caso la comunità europea già da tempo si è interessata al problema. 

L’insegnamento tra hard, soft e life skills

Il problema che tutti i sistemi educativi, compreso il nostro, stanno affrontando ora con drammatica urgenza dopo lo choc prodotto dalla pandemia è quello di affidare all’insegnamento la capacità di insegnare a vivere.

Perché è necessario educare le skills non cognitive

I dati messi a disposizione dal programma GED, secondo Heckman forniscono informazioni importanti per contrastare e ridurre uno dei fenomeni, l’abbandono scolastico, a cui si connettono le maggiori e più pesanti disuguaglianze occupazionali e sociali. I risultati di oltre un decennio di somministrazione delle batterie di test ci dicono:

a)   I test tarati sulla misurazione del Q.I., per lo più equivalenti ai test PISA, danno come risultato la sostanziale equivalenza del Q.I di chi abbandona la scuola con il Q.I. di chi si diploma;

b)   I test tarati sulle caratteristiche della personalità danno sullo stesso campione risultati completamente divaricati: chi ha abbandonato la scuola solitamente non riesce a portare a termine compiti o impegni personali sia nella vita privata sia nei rapporti sociali. In genere non possiede, cioè, coscienziosità e perseveranza, due caratteristiche non automaticamente collegabili alla razionalità (QI).

Ad essere esaminate come competenze non cognitive sono dunque aspetti della personalità costitutivi del carattere che spiegano anche gli atteggiamenti e la motivazione.

Le parole del Ministro P. Bianchi al Seminario 2021 in occasione della presentazione della proposta di legge…

 “con il termine skills for life si intendono tutte quelle abilità-competenze che è necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni, gli stress della vita quotidiana. La mancanza di tali skills socio-emotive può causare, in particolare nei giovani, l’instaurarsi di comportamenti negativi e a rischio rispetto agli stress […] Per insegnare ai giovani le skills for life è necessario introdurre specifici programmi nelle scuole…”.

Sempre nel documento si precisa che “…appare sempre più evidente che a causa dell’accelerazione dei cambiamenti culturali e dello stile di vita molti giovani non siano più sufficientemente equipaggiati delle skills necessarie a far fronte alle crescenti richieste e allo stress che si trovano a dover affrontare […] É come se i meccanismi tradizionali per trasmettere le life skills (famiglia, valori sociali e culturali) non fossero più adeguati, perché nuovi fattori quali i mass media e il meticciamento culturale influenzano lo sviluppo dei giovani”. 

I dati riportati dal ministero, negli ultimi giorni, riportano: lo stato degli studenti universitari italiani è preoccupante. L'anno accademico 2021/22 ha fatto registrare il record di abbandoni nel primo anno di iscrizioni degli ultimi dieci anni. Il 7.3% degli iscritti ha abbandonato l'università entro il primo anno, il precedente dato peggiore era il 6.3% nell'anno accademico 2011/2012. A lasciare l'università sono stati in modo indifferente sia maschi che femmine con il 7.4% tra le donne e il 7.2% tra gli uomini. Il dato preoccupante è che nel 2020/21 la percentuale di abbandoni è stata del 7.1% un dato quindi costante e in crescita. Le difficoltà economiche, come quelle relative agli affitti sempre più cari nelle grandi città, ma anche un disagio nell'affrontare incidenti di percorso o difficoltà di vario genere, sembrano essere le motivazioni che più spingono ragazzi e ragazze a mollare l'università.

Fa riflettere anche il dato sulle immatricolazioni: tra il 2020/21 e il 2021/22 c'è stato un calo di 6mila e 600 iscritti. Questo vuol dire che in prospettiva ci saranno sempre meno persone specializzate, istruite nel nostro paese. Ad oggi tra i giovani tra i 25/29 anni la percentuale di laureati è del 31.2%. Un dato che ci colloca al penultimo posto tra i paesi europei. La media europea è infatti del 41.1%, Francia e Spagna hanno superato il 50%. Un divario che pesa oggi ma che peserà anche nelle prospettive future dell'Italia e che dovrà tener conto anche dei flussi migratori sempre più crescenti in Italia.

Una prima  risposta del MIM a quanto evidenziato è lo stanziamento di 150 milioni di euro per l’anno scolastico 2023/2024, destinato alle figure professionali di “docente tutor” e “docente orientatore”: ciò è quanto previsto dal decreto firmato da Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione e del Merito. 

Sarebbe utile precisare che tale azione non ha nulla a che vedere con l’idea di voler incentivare una sorta di carriera nella professione del docente che dovrebbe invece essere inquadrato in un chiaro e organico  disegno.

Contestualmente, il MIM ha inviato a tutte le scuole statali secondarie di II grado la circolare contenente le prime indicazioni operative per l’attivazione dei docenti tutor. 

Nel dettaglio, a partire da settembre 2023 saranno pienamente operativi circa 40.000 docenti tutor e orientatori, che aiuteranno gli studenti delle circa 70.000 classi dell’ultimo triennio delle Scuole secondarie di II grado a effettuare scelte consapevoli e costruire un percorso di studi e di lavoro che faccia emergere appieno i talenti di ciascuno di essi.

L’iniziativa, che dà seguito alla riforma prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si pone l’obiettivo di potenziare le attività di orientamento nelle scuole statali secondarie di secondo grado di tutta Italia a partire dal triennio. In ottica generale, la misura fa parte di un più vasto quadro di iniziative volte a sostenere docenti, studenti e famiglie e costruire una scuola capace di garantire il superamento di tutte le disuguaglianze esistenti, siano esse di natura sociale o territoriale.

Il docente orientatore avrà il compito di favorire le attività di orientamento per aiutare gli studenti a fare scelte in linea con le loro aspirazioni, potenzialità e progetti di vita, tenendo conto dei diversi percorsi di studio e lavoro e delle varie opportunità offerte dai territori, dal mondo produttivo e universitario. Questo approccio deve essere fatto rispettando l’autonomia degli istituti scolastici, degli studenti e delle loro famiglie. 

L’importanza del ruolo dell’orientatore è molto sentita non solo dalla Commissione Europea ma anche da diversi organismi internazionali quali il CEDEFOP, l’OCSE, l’UNESCO, la European Training Foundation e la International Labour Organization.

La terminologia più utilizzata in Europa, che differisce di Paese in Paese, è quella di “career guidance” secondo quanto sviluppato dalla rete Europea  EUROGUIDANCE*.

La ‘Career Guidance’ descrive i servizi che aiutano le persone di qualsiasi età nel gestire la propria carriera e nel prendere le decisioni migliori per l'istruzione, la formazione e le scelte professionali. 

In pratica, si aiutano le persone a riflettere sulle loro ambizioni, interessi, qualifiche, abilità e talenti - e a mettere in relazione una migliore conoscenza di chi sono con quello che potrebbero diventare all'interno dell’attuale mercato del lavoro. 

Al forte bisogno di orientamento qualificato, in Italia, non corrisponde un altrettanto chiara idea di questo ruolo professionale, lo dimostra anche il numero esiguo di figure  previste per ogni scuola , le risorse investite e il monte orario ( 20 ore ) previsto per la formazione,  a fronte di una mole di lavoro notevole, se si tiene conto che l’orientatore  deve tenere le fila delle relazioni  con il territorio con quanto esso esprime e chiede in termini di professionalità, deve intercettare i desiderata degli alunni e delle famiglie e dirottare questi verso i percorsi di studio più funzionali , cercando di cucire un abito su misura ad ogni alunno nella speranza che non si deteriori  al primo acquazzone della vita. 

In generale, chi vuole svolgere l’attività di orientatore deve dotarsi di un bagaglio di conoscenze e competenze piuttosto ampio: tecniche di comunicazione, principi base di psicologia, normativa in materia di studio, formazione e lavoro (sia dipendente che autonomo e imprenditoriale), principi di economia, organizzazione aziendale e sociologia. Inoltre, a chi si occupa di orientamento, è richiesto di aggiornarsi continuamente sulle novità del mondo della scuola e del mercato del lavoro, sia sotto il profilo tecnico che sociale.

La complessità dei percorsi di orientamento porta con sé la necessità di avere il supporto di orientatori preparati e competenti, che sappiano svolgere questo ruolo chiave. Figure capaci di costruire, insieme al diretto interessato, un percorso di conoscenza di sé e di inserimento nel contesto sociale, economico e culturale di riferimento. L’orientamento si traduce in una serie di attività diverse con un’unica finalità: sostenere l’alunno, nelle fasi di transizione, in particolare quando si trova di fronte alla necessità di maturare decisioni importanti per l'istruzione, la formazione e le scelte di carriera e professionali. 

Gli strumenti professionali chiave di cui si avvale un orientatore sono:

  • la guida e la consulenza nella ricerca di una visione di carriera e di sviluppo professionale personale
  • il colloquio orientativo (che può essere informativo o di supporto)
  • il bilancio di competenze e delle capacità personali
  • la ricerca attiva del lavoro
  • le esperienze di apprendimento tramite il coinvolgimento nel mondo del lavoro

e per realizzare questo si avvale di diversi strumenti e metodologie innovative per aiutare l’individuo ad identificare il proprio personale percorso di carriera e di sviluppo professionale. 

L’orientamento è un settore di attività in pieno divenire e con esso la figura professionale dell’orientatore. L’idea che si sta progressivamente affermando, è quella che vede nell’orientamento un percorso complesso, che investe tutte le aree di interesse per la vita delle persone: scuola, formazione, università, territorio, lavoro, benessere psico-fisico, siamo solo agli albori e forse sarà utile l’affiancamento di figure professionali esterne che si sono formate diversamente per tale ruolo e che possano anche essere scevre da condizionamenti poiché non interne al sistema. 

Serrone Maria 

admin
08 Luglio, 2023