QUANDO IL CONTRATTO DI LAVORO ESCLUDE LA CARRIERA E SPEGNE LA MOTIVAZIONE

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Parafrasando Antonio De Curtis, sarei tentata di attribuire al Contratto Collettivo Nazionale del Comparto Scuola la metafora de “la livella”, e cioè un Contratto che livella tutti i docenti senza possibilità di avanzamento di carriera.

 Battuta a parte, è questo un problema “tragico” su cui hanno riflettuto voci autorevoli ed è una realtà che attanaglia i docenti italiani che hanno, come unica possibilità di avanzamento di carriera, quella del concorso per Dirigenti scolastici (e/o per Dirigenti tecnici), ma su questo non ci addentriamo perché i “concorsi” in Italia evocano un altro mistero –e non manca una vasta letteratura su diversi fronti, non solo nel mondo della scuola… 

Del CCNL richiamo sinteticamente l’art. 36, altra beffa per quei docenti di ruolo che da una classe di concorso vogliono passare, dopo aver investito nello studio e nella professionalità su un’altra classe di concorso e cosa si ritrovano? Uno stipendio base, nonostante una lunga carriera scolastica… con “l’abito” del docente a tempo determinato e tanta mortificazione…. e mi fermo qui tralasciando tutti gli altri aspetti legati al caso. Ed ecco riemergere lo spauracchio del livellamento che abbraccia, nei fatti concreti, e non negli slogan proclamati, l’assenza del merito che fa eco a quanto don Milani affermava: “Non c'è nulla che sia ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”.

Altra nota infelice nel CCNL è la disuguaglianza retributiva che crea una discriminazione tra docenti (pur avendo gli stessi titoli formativi) delle scuole di primo e di secondo grado. E a questa si aggiungono altre piccole e grandi fastidiose questioni legate al mondo dei precari. Ma riportando l’attenzione sull’assenza dell’avanzamento di carriera ci chiediamo: quali ripercussioni ed effetti causa nella vita e nella professione del docente? A questa domanda rispondono le scienze umane che ci parlano di un malessere correlato a frustrazione e disagio, che a lungo andare provoca la perdita della “motivazione”, cioè di quella forza vitale che si esplicita nella domanda: perché ci impegniamo a fare quello che facciamo?  Perdita di motivazione e “burnout” è la conseguenza di un CCNL che non mette al centro il docente quale risorsa preziosa per la crescita di comunità capaci di rinnovarsi attraverso la forza della cultura. In un interessante articolo a firma di Ada Bier (sulla motivazione dell’insegnamento in CLIL) si legge che “quanto più il contesto sociale esterno aiuta l’individuo a soddisfare i tre bisogni innati di autonomia, competenza e relazione, tanto più questi sarà proattivo, in grado cioè di padroneggiare le sfide sia interne che esterne, e dimostrerà una tendenza allo sviluppo ottimale, ossia verso la crescita e il funzionamento integrato (Deci, Vansteenkiste 2004)”. 

Il presente articolo ha lo scopo di evidenziare una questione atavica. Vuol essere non una mera denuncia o ammissione di rassegnazione, ma ha l’intento di risvegliare quella consapevolezza assopita dalla prassi e dalla “stanchezza” auspicando una coscienza critica verso un “sistema” che può essere rinnovato. Quello che manca molte volte è la volontà a “mettere mano” ad una organizzazione e gestione che chiede analisi e approfondimento delle questioni che potrebbero portare a delle scelte e a delle possibili soluzioni, magari frutto di condivisione partecipata. Non dobbiamo mai dimenticare che le leggi e i regolamenti scaturiscono da una comunità che ha come obiettivo finale il benessere, frutto di equità -in tutto questo processo mi chiedo anche che ruolo e presenza hanno i sindacati?

Scarsa retribuzione e scarso riconoscimento sociale e assenza di avanzamento di carriera dunque, possono tradursi e rinviare, “forse”, ad un’analisi legata a scelte politiche. Noi docenti, che possiamo autodefinirci “cirenei” della scuola, continuiamo a non far mancare un appello continuo alle Istituzioni preposte affinché si possa rendere concreta la speranza in una società che cresca in democrazia e che favorisca l’autodeterminazione. Perché non pensare ad una struttura “multilivello” che permette l’avanzamento di carriera, così come avviene in Francia, Regno Unito, Svezia e in quasi tutti i Paesi dell’est europeo…. E speriamo solo di non poter dire: ai posteri l’ardua sentenza!

*Maria De Carlo, è nata e vive a Potenza. Insegna nella scuola secondaria di II grado. E’ dottore in Filosofia ed in Magistero in Scienze Religiose. Negli anni ha maturato numerose esperienze e incarichi scolastici anche a livello regionale, compresa la formazione ai docenti. Ha pubblicato alcuni saggi ed è presidente dell’associazione di pratiche filosofiche “Conduco un dialogo” (pag. FB e http://conducoundialogo.simplesite.com/444361149)

 

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