Articolo 27 del CCNL: quale profilo professionale dei docenti?

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“…Un docente è un uomo di cultura con pratica d’insegnamento; la sua qualificazione proviene dalla sua personale preparazione e istruzione...”. Sono parole di Cesare Scurati.

 L’insegnante è colui che gestisce la comunicazione dei contenuti e la relazione educativa, che partecipa ai diversi momenti della vita scolastica, che richiedono l’interazione anche con soggetti altri dagli studenti, vale a dire genitori, esponenti di realtà locali, sociali e professionali diverse. Il lavoro del docente è un ruolo complesso ed esso, pertanto, non può essere improvvisato, bensì richiede un’attività continua di ricerca e di revisione critica. 

Cosa si chiede quindi agli insegnanti? In maniera esplicita, all’art. 27 del CCNL della scuola, vengono elencate numerose competenze che devono costituire il profilo professionale docente: “competenze disciplinari, informatiche, linguistiche, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo relazionali, di orientamento e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate e interagenti, che si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica”. 

La richiesta di tutte queste competenze spaventerebbe qualsiasi docente che si sofferma sulla lettura attenta del proprio contratto di lavoro. Quanti di noi, infatti, hanno letto il loro contratto di lavoro al momento della sottoscrizione o quando viene rinegoziato in sede sindacale - sempre tardivamente e con pochi riconoscimenti professionali oltre che economici-? Spesso è un documento che diamo per letto. 

Vediamo nel dettaglio le competenze richieste. Le competenze disciplinari, quei contenuti epistemologici della propria disciplina d’insegnamento, dovrebbero essere date per assodate, in quanto ogni docente, in special modo i docenti della scuola secondaria, hanno effettuato una preparazione contenutistica specifica alle loro classi di concorso. E le scuole dell’infanzia e primaria? Si chiede loro di padroneggiare molteplici campi di esperienza e diverse discipline didattiche che, inevitabilmente, devono essere sviluppati, implementati e aggiornati regolarmente. 

Le competenze informatiche. Ecco il primo ostacolo. La pandemia ci ha fatto scontrare con la difficoltà oggettiva di saper insegnare in un ambiente a noi spesso sconosciuto, con resistenze di tipo ideologico, sociale e psicologico nei confronti di un’innovazione che presenta tempi così veloci di sviluppo che spesso si rischia una rapida obsolescenza. Inoltre dobbiamo stare attenti al rischio di utilizzare le tecnologie come strumenti, oggetti o processi, non dimenticando di focalizzare la nostra attenzione al loro utilizzo come metodo di facilitazione dell’apprendimento. Ma dove abbiamo acquisito queste competenze e/o come le stiamo acquisendo? 

Arriviamo alle competenze linguistiche: in che termini? Siamo certi che tutti noi docenti siamo competenti nell’uso corretto della comunicazione, dal punto di vista didattico, lessicale, semantico, contenutistico e sintattico della lingua? 

E ancor più - nello specifico per l’insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria – siamo sicuri che i corsi di formazione per specializzati, abbiano creato reali competenze linguistiche, o solo docenti che, quando seri professionisti, continuano ad aggiornarsi, a proprie spese, per essere in grado di svolgere un curricolo degno delle richieste metodologiche-didattiche proprie della disciplina?

Che dire poi delle competenze psicopedagogiche? I docenti del primo ciclo spesso, ma non sempre, hanno avuto una formazione, di accesso al ruolo, che ha sviluppato tali competenze. Ma i colleghi della scuola secondaria, se non nella specifica classe di concorso o con la frequenza dei corsi universitari che riconoscono i “famosi” 24 CFU, quanto sanno di psicologia dello sviluppo, psicologia dell’educazione, delle neuroscienze, dell’ambito pedagogico e didattico proprio della fascia d’età con cui hanno a che fare e a cui insegnano?

Il precedente ambito è, inoltre, in stretta relazione con la richiesta di competenza metodologico-didattica. Va ricordato che le metodologie sono strettamente correlate con l’impianto psicopedagogico delle teorie di apprendimento: continuiamo a creare ambienti di insegnamento che utilizzano prassi comportamentiste di trasmissione di contenuti disciplinari, o stiamo seriamente approcciandoci alla costruzione di ambienti di apprendimento significativi di co-costruzione del sapere, basate sulla centralità dell’alunno?

Arriviamo ora ad un altro problema reale: quali competenze organizzativo-relazionali posseggono i docenti? Dove le hanno acquisite? La capacità di gestire la classe, di mediare i conflitti, di garantire una piena inclusione di tutti e di ciascuno, di relazionarsi con alunni, genitori, colleghi, personale della scuola, enti locali e stakeholders in genere, è innata? Si può acquisire? La formazione iniziale di accesso al ruolo ci ha fornito queste competenze? Ognuno di noi riesce a gestire queste dinamiche, così complesse e variabili, senza incorrere in un legittimo stress lavoro correlato?

Siamo inoltre capaci di compiere una vera azione di orientamento nei confronti dei nostri alunni? Effettuiamo una corretta azione di didattica orientativa, in sinergia con il processo valutativo e di documentazione del processo stesso? Insegniamo con la particolare attenzione alla valutazione per gli apprendimenti e all’autovalutazione del percorso effettivamente realizzato da ogni singolo alunno o siamo sempre ancorati all’idea di valutazione degli apprendimenti?

Le domande emerse sono tantissime e potrebbero essere illimitate. Quante volte ce le siamo poste? Innumerevoli. Non ci sono risposte univoche. Ognuno di noi fa il possibile per essere all’altezza del ruolo ricoperto; ognuno di noi conosce la grande responsabilità nei confronti dei discenti che ci vengono affidati.

E allora che fare? Per ciò che mi riguarda, credo fermamente nella reale necessità di formazione continua di ogni professionista della scuola, e non sono l’unica a crederlo.

Però, come avete letto, l’art. 27 del CCNL termina con “…che si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica”. Questo ci consola. Ce la possiamo fare!!!

Barbara Letteri goriziana di nascita, vivo e lavoro a Sassari. Docente nella scuola primaria a tempo indeterminato dal 1994. Laureata in Pedagogia e Psicologia, con specializzazione in Psicologia delle Organizzazioni e delle Risorse Umane. Componente Equipe di lavoro, ricerca nazionale e referente regionale Sardegna ONSBI-Osservatorio Nazionale Salute e Benessere degli Insegnanti- LUMSA di Roma. Libera professionista e formatrice. Esperta in progettazione e realizzazioni percorsi didattici con l’utilizzo delle TIC per il CRS4 Sardegna. Tutor Universitario per laboratorio Tecnologie per la Didattica TFA sostegno e Professore a contratto Facoltà di Scienze Umane Università degli Studi di Sassari. Collaboratore vicario del DS dal 2001/2002 al 2015/2016. Attualmente referente bullismo e cyberbullismo, Master Teacher e Animatore Digitale, componente commissioni PTOF, PdM, RAV, Pari Opportunità e NIV, responsabile Sportello d’Ascolto psicologico IC Pertini Biasi di Sassari. Componente esterno Comitato valutazione dal 2015 con rinnovo per questo triennio. Formatrice INDIRE neo assunti dal 2004. Collaborazione esterna, per progettazione ambienti per la didattica, nella Spin off universitaria TaMaLaCà, Università degli Studi di Sassari Facoltà Architettura di Alghero dal 2005.

 

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