Quale contratto per una scuola in divenire?

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Se la “scuola dell’autonomia” ha arricchito la figura del docente di nuove professionalità, la L. 107/2015 e i D. Lgs. successivi hanno contribuito a modificarla ulteriormente, attraverso un numero crescente di richieste di incarichi e responsabilità, a fronte di livelli stipendiali bloccati e di una scarsissima considerazione della professione. 

 Il ruolo del docente, quindi, è andato progressivamente modificandosi, perché è cambiato profondamente il senso del “fare scuola”.

Alle risorse finanziarie assegnate per il funzionamento delle attività dell’area progettuale, solitamente svolte da volenterosi a “caccia di premi”, si sono aggiunte risorse umane a spese dello Stato, per coprire parte dei progetti sovvenzionati, in precedenza, diversamente: il cosiddetto limbo del potenziamento.

È pacifico che quest’area progettuale rappresenti un valore aggiunto solo se inserita nell’ottica di una gestione ottimale delle risorse.

Si parla di contrattualizzazione separata per il middle management, sebbene sia previsto l’utilizzo di ore di potenziamento per esigenze organizzative, con l’attribuzione di incarichi anche tramite cattedra mista.

Tra le attività di potenziamento figurano, ancora, quelle finalizzate al recupero/sostegno (rivolte, ad esempio, ad alunni suddivisi in piccoli gruppi di “livello” o svolte attraverso compresenze), alla formazione e alla ricerca, come pure alla piena realizzazione di progetti ad ampio spettro. Un innalzamento della qualità del servizio, tuttavia, può realizzarsi solo destinando a ciascun ruolo personale adeguatamente formato e competente. 

La figura del “factotum”, difatti, non si coniuga con l’esigenza di rendere funzionale e mirato l’utilizzo delle risorse umane.

Ciò che, invece, si verifica in molte scuole è un utilizzo improprio di docenti “potenziatori” come “tappabuchi” e/o “riserve” da riciclare in attività improvvisate, ambiziose, insignificanti, fantasiose e/o addirittura inesistenti, in barba al principio della trasparenza della P.A.

Un lavoro raffazzonato, non supportato da un’attenta validazione in termini di risultato e/o privo della dovuta previsione di obiettivi di medio e lungo termine, come del numero di risorse da destinarvi, può innalzare la qualità dell’offerta formativa? 

Come si pone una scuola che viene sollecitata, per un verso, ad assurgere a ruolo di “progettificio” e, per l’altro, a svilirsi, assolvendo l’umile funzione di “ufficio di collocamento”, rispetto ai principi di economicità, efficacia ed efficienza della P.A. cui dovrebbe ispirarsi?

Non esiste un rapporto di causa - effetto tra la quantità di risorse disponibili e la qualità dei risultati attesi.

Finché la scuola procederà arrancando come un carrozzone di idee e di risorse non convogliate in una ponderata attività di programmazione sistemica, qualsiasi percorso volto a restituire alla professione il giusto riconoscimento economico e sociale resterà impraticabile. 

Una rappresentazione iconica della categoria potrebbe essere quella di una figura mitologica a tre teste che oscilla tra due estremi opposti, in piena crisi identitaria: il docente “missionario”, con una spiccata vocazione, e il docente poco motivato, con doppio lavoro; tra i due estremi vivacchia l’indeciso che arrotonda con lezioni “private”.

Una busta paga “leggera” è un valido motivo per non assolvere i propri compiti col dovuto impegno e porsi come unico obiettivo quello di percepire uno stipendio “fisso” a fine mese? 

È giusto distribuire “a pioggia” aumenti stipendiali per contratto?

Non sarebbe più opportuno destinare le risorse “in eccesso”, quando inutilizzate, prioritariamente agli emolumenti, per una quota fissa, e, in subordine, a una retribuzione diversificata, riferita al “merito”?

Come “misurare” la qualità del lavoro svolto? 

L’agognato “bonus premiale”, affidato alla tanto auspicata, quanto improbabile, imparzialità del DS, è stato fortunosamente accantonato. 

Un’adeguata formazione, non solo in ingresso ma anche in itinere, la capacità di produrre materiale didattico originale e direttamente fruibile, l’abilità di apportare un contributo personale al funzionamento della scuola, un elevato grado di predisposizione alla spinta innovativa e a operare tanto in autonomia come in équipe, possono essere una prima risposta se non altro alla necessità di migliorare la qualità del servizio di una scuola in continuo divenire. 

Prima di pensare a un nuovo contratto occorre, probabilmente, ripensare in modo “ecologico” al “fare scuola” e al processo “identitario” della professione docente.

Orsola  Parmegiani Laureata in Fisica. Inizialmente impegnata nella ricerca e negli studi in Fisica medica,  ha seguito un percorso di esperienza e di studio incentrato prevalentemente sull'apprendimento, accumulando negli anni diversi titoli riconosciuti dalle Università tra cui 5 specializzazioni sulle metodologie didattiche, dedicandosi al mondo della scuola in un'esperienza ventennale sul campo anche diversificata.

 

 

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