La solitudine di una generazione iperconnessa.

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La nascita dei social network si è avuta con lo sviluppo di Internet e dell’evoluzione della sua interfaccia diventando dagli anni ‘90 un mezzo di comunicazione di massa. Il fenomeno delle community virtuali ha attraversato nel tempo diverse fasi per arrivare ad essere una modalità di espressione della propria identità sociale, di supporto delle relazioni interpersonali, di analisi delle identità sociali altrui. 

 L’ evoluzione tecnologica ha permesso la creazione di applicazioni e programmi per computer in grado di funzionare anche su dispositivi mobili come tablet e smartphone che hanno cosi dato un’ulteriore spinta alla diffusione della condivisione dei contenuti multimediali, in particolare immagini e video, anche da parte di persone non esperte.

Una delle innovazioni più importanti dei social network è stata quella di riunire in un’unica piattaforma le prime forme di comunicazione interattive (i blog, cioè pagine web gestite autonomamente) con tutte le altre funzioni che si sono succedute, come i contenuti fotografici e i contributi video. Il primo social network di successo è stato Facebook, che nato nel 2004 dalla mente di Mark Zuckerberg, deve il suo nome all’ abitudine presso le università statunitensi di  stilare un elenco di nomi degli studenti iscritti con le relative loro fotografie.

Dal 2006 il numero degli iscritti  a questa piattaforma ha superato i confini statunitensi raggiungendo circa tre miliardi di utenti in tutto il mondo e il suo uso è aumentato del 566%. L’ aumento degli utenti ha portato Zuckerberg alla successiva realizzazione di Twitter (dal nome del verbo inglese to tweet che significa “cinguettare”) presentato come il primo social network da utilizzare anche in mobilità ed infine nel 2010 è stato generato Instagram, un’applicazione mobile gratuita con un social network fotografico che ha riscontrato subito una grande popolarità. 

Attraverso questi social, si ha la possibilità di connettersi ad una rete infinita di utenti con i quali si condividono gli stessi interessi, lo stesso luogo di divertimento e di lavoro, con loro ci si può arrabbiare, emozionare, condividere e osservare. La loro presenza è diventata parte integrante della nostra realtà quotidiana anche in termini di tempo trascorso (circa sei ore) superando quello dedicato ai siti di informazione, di acquisto o di giochi on line. 

L’ uso dei social è aumentato a dismisura soprattutto tra gli adolescenti, dove è considerato una protesi della loro identità, infatti circa il 95% ha almeno un profilo sui social network sino ad arrivare anche alla gestione di cinque, sei profili contemporanei. La possibilità di essere in contatto con i propri coetanei è la prima motivazione che spinge i ragazzi all’ uso di Internet e del cellulare, anche se negli ultimi anni si è assistito ad una diversificazione dell’uso delle piattaforme di comunicazione, infatti vi è un progressivo abbandono di Facebook a favore di Instagram e di applicazioni di messaggistica istantanea (come Whattzup).

Tutto questo ha portato inevitabilmente anche ad una rivoluzione delle modalità di interazione sociale, molto diverse dalla normale comunicazione faccia a faccia, infatti per un adolescente oggi scrivere su WhatsApp equivale a parlare con la persona, pubblicare una foto significa condividere ciò che si sta facendo, postare una localizzazione vuol dire comunicare dove ci si trova e la stessa modalità è usata anche per comunicare con il mondo degli adulti. Attraverso tutto questo le identità si intrecciano e si diffondono per mezzo di un meccanismo a catena.

Ma perché l’uso dei social negli adolescenti ha avuto tutto questo successo?

Con l’adolescenza i ragazzi, alla ricerca della propria crescita identitaria, sfuggono al controllo genitoriale e i social spesso rappresentano per gli adulti un compromesso fittizio, dato dal sapere i propri figli al sicuro dai pericoli della realtà esterna, mentre per i giovani sono  una compagnia nelle ore in cui i genitori sono impegnati in altro.

Ma la paura adulta di tenere i propri figli lontano dalle “piazze reali” non è sostenuta da un ‘ adeguata formazione sui pericoli delle “piazze virtuali “, vere e proprie palestre sociali dove i figli soggiornano continuamente come in un mondo parallelo appagando l’esigenza evolutiva di socializzazione e di costruzione di una rete di relazioni esterne all’ ambito familiare.

Nei nostri adolescenti lo stesso concetto di amicizia si è alterato, diventando un indicatore di status sociale e obbligando alcuni social a porre un limite al numero di amici da acquisire, che spesso si esprime in migliaia di numeri, ma che al contempo non corrisponde al numero di amici “veri” ai quali confidare i propri problemi. Uno dei problemi dei social è che non permettono la separazione netta e chiara dei diversi contesti che l’adolescente frequenta e dei ruoli che successivamente assume, comportando così notevoli rischi per la propria immagine e reputazione. 

L’ adolescente può organizzare la propria presentazione del “profilo” in maniera da trasmettere l’immagine di sé che più gli piace, cercando di esaltare le parti che più lo convincono e offuscando le altre, cosi da rispondere alla difficoltà dell’accettazione fisica tipica di questa età. E infatti, proprio attraverso i social, che questi affrontano i propri timori assumendo delle condotte a volte anche disinibite, allusive, esponendo parti di sé e del proprio corpo nella speranza di ricevere quante più approvazioni sociali possibili che si esprimono nei “like”. 

In questa solitudine di una generazione iperconnessa, il giudizio dei coetanei viene cercato e ha un valore altissimo capace di rassicurare e valorizzare   ma anche di somministrare un dolore profondo, con un impatto devastante sulla costituzione dell’immagine di sé e dell’interpretazione della realtà circostante influenzando anche l’identità sociale. A tal proposito è bene ricordare il social network Ask.fm, che nato nel 2010 in Lettonia, con l’intento di permettere anche ai ragazzi più timidi di esprimersi, si è diffuso velocemente in tutto il mondo riportando su se stesso una cattiva fama.

La caratteristica di questa piattaforma è la possibilità per chi crea un proprio profilo di sottoporsi ad un elenco di domande anonime. Ma proprio la caratteristica dell’anonimato ha permesso a questo social di diventare il luogo della minaccia, dell’offesa e del cyberbullismo, che ha visto nel 2013, il suicidio di un’adolescente che si era ritrovata sottoposta ad una valanga di commenti offensivi ricevuti sul suo profilo.

La società iperconnessa non è stata creata dai nostri adolescenti, che cercano invece di abitarla e adattarla alle loro esigenze, ma viene alimentata ogni giorno dagli adulti che l’hanno costituita; diventa quindi necessario avviare una profonda riflessione sul senso della prevenzione tra questa fase della vita definita adolescenza e Internet. Progettare una prevenzione efficace significa soprattutto tenere presente la complessità del fenomeno che non si risolve solo attraverso iniziative di campagne informative sui rischi della rete.

 Il comportamento che i ragazzi tengono on line è spesso trascurato dalla mente dell’adulto perché lui stesso non ne conosce la pericolosità, creare divieti o imposizioni prescrittive si è mostrato sempre poco efficace, conviene invece attivare un comportamento autorevole e farsi carico della società complessa cercando di offrire loro le condizioni minime per la realizzazione di un progetto futuro basato sulla consapevolezza delle proprie scelte. 

Rosalia Rossi (10/07/1965) napoletana, docente di Storia e filosofia. Laureata in Pedagogia con 110 e lode consegue Master Europeo di II livello in Mediazione e gestione dei conflitti. Interessata alle dinamiche sociali e relazionali, si forma come Counselor, Mediatrice familiare ed esperta in PNL Basic Practitioner. Esperta in criminologia clinica. Ha assunto incarico di collaborazione e tutor con l' Università degli studi di Napoli "Suor Orsola Benincasa"; ha partecipato al forum mondiale della Mediazione al Centre de Congres La Regent a Cras Montana con stages in Spagna e Svizzera sulle tematiche della mediazione  del conflitto nei Paesi Europei. Relatrice a corsi di formazione per adulti su " Comunicazione e conflitto". Ha ricoperto per quattro anni il ruolo di collaboratore vicario, componente Consiglio D 'Istituto e del Nucleo Interno di Valutazione. Ha ricevuto encomio dal Dirigente Scolastico per l'eccellente lavoro di collaborazione svolto presso il proprio Istituto.

 

 

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