Nuove forme di comunicazione.  La spiegazione è a metà strada tra: necessità?, moda? o evoluzione dell'umanità?.....

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Quali sono i motivi più comuni che spingono i giovani ad usare i social?
Il report realizzato dal Global Web Index fornisce risposte molto interessanti in merito.

 Il dato più interessante per chi si occupa di digital marketing è che la maggior parte, circa il 42% degli utenti, usa i social per restare in contatto con i propri amici, mentre il 33% è solito condividere foto e video con altri utenti.
Inoltre il 39% degli utenti usa i social per informarsi, leggere news e restare aggiornato su ciò che accade ogni giorno.

Dalla analisi dei dati emerge che si tratta di un uso passivo dei social, in altre parole l’utente medio percepisce le reti social come fonti di contenuti piuttosto che come piattaforme che richiedono un contributo attivo.
Questa ricerca mostra efficacemente il modo in cui gli utenti hanno cambiato approccio nei confronti dei social, un fenomeno utile ai brand e di cui gli stessi tengono conto per interagire in modo efficace con i propri fan.

Il fenomeno ha subito una implementazione in seguito alla situazione pandemica che viviamo. Incuriositi da questi dati, abbiamo condotto una nostra indagine tra i nostri alunni, quest’ultima ha fatto emergere che i ragazzi utilizzano vari strumenti social per comunicare, interagire o per puro divertimento e scelgono gli strumenti in modo funzionale al risultato che si prefiggono di raggiungere. 

Quindi i nostri alunni non sono affatto utenti passivi, come l’indagine su menzionata farebbe presagire; si potrebbe pensare che siamo di fronte ad una possibile evoluzione nella fruizione di tali strumenti.  Scorrendo i dati emersi dal nostro sondaggio emerge come i ragazzi, difronte alla necessità di dialogare e confrontarsi, usano la messaggistica piuttosto che una telefonata, ci sarebbe subito da chiedersi se questo non sia un meccanismo di difesa che miri ad affermare la propria identità e se questo atteggiamento non rifletta essenzialmente le nuove dinamiche interindividuali che vanno affermandosi tra gli adolescenti e che sta dilagando anche tra gli adulti, coinvolgendo il dibattito tra sociologi.

I nostri giovani per informarsi seguono uno o più influencer; si tratta di una nuova figura social di tendenza, che spesso orienta i giovani su tematiche variegate: da tendenze musicali a stili alimentari o abbigliamento e styling. Siamo difronte ad una vera rivoluzione del sistema socio-educativo; infatti i social media si sostituiscono al ruolo dell’educatore e della famiglia, diventando quel luogo dove gli adolescenti si incontrano e si confrontano per riconoscere progressivamente la propria personale identità. 

 Affidano ad essi i tormenti, le scoperte, i primi coinvolgimenti affettivi e sessuali della loro difficile età. I propri disagi e i propri stati d’animo il ragazzo li affida spesso a facebook o alle chat attraverso post, immagini e video.

 Un ruolo determinante in questo scambio di ruoli è da attribuire alle performance digitali dei nostri ragazzi, infatti definiti” nativi digitali” superano smisuratamente la maggior parte dei genitori. Per i cosiddetti nativi digitali internet è qualcosa che è sempre esistito e che è parte integrante della loro vita. Per i loro genitori è, al contrario, un continuo cammino ad ostacoli.

Interessante è valutare come le nuove generazioni misurino il loro appeal contando il numero di followers, questo dà luogo a una serie di fenomeni che influenzano notevolmente la sfera psicologica dei nostri adolescenti, spesso chiusi nelle loro stanzette e soli in casa quando i genitori sono impegnati fuori di casa. 

La nostra ricerca ha dimostrato che i giovani desiderano essere seguiti sui social, come noi amavamo avere tanti amici; le esigenze sono le stesse dal punto di vista sociologico, ma questa nuova forma di seguito genera risultati diversi con incidenze diverse sul vissuto quotidiano, dallo studio alle diverse sfere emotive degli adolescenti.   

Stupisce non poco quanto questi ragazzi misurino la propria autostima sul numero di followers, dati spesso del tutto effimeri, ma che hanno condotto qualche volta personalità labili a commettere gesti anche gravi.

 Le potenzialità di internet, dei social network e delle App sono innegabili ma, accanto a questi aspetti estremamente positivi ne esistono altri di natura più problematica, che si ripercuotono soprattutto sul mondo giovanile. 

È su questi che è opportuno focalizzare la nostra attenzione educativa. Il rischio di isolarsi dal mondo reale e di rinchiudersi totalmente in un mondo virtuale, scatenando patologie più o meno gravi, è altissimo! 

Inoltre questi mezzi possono contenere informazioni false e mistificatorie e ancor peggio possono favorire la nascita di derive quali il citato cyberbullismo, ma anche essere adescati da adulti a volte, potenziali abusanti.

Interessante il ruolo dei genitori in queste dinamiche, non conoscono affatto i social utilizzati dai figli, spesso non danno regole soprattutto sulla quantità di ore da trascorrere nell’utilizzo di cellulari o altri strumenti multimediali, una ennesima riprova di come le cause di questa nuova tendenza sia una espressione dei tempi che cambiano a cominciare dagli stili di vita che hanno modificato in primis i connettivi logici rappresentati dalla famiglia. 

In questo quadro socio-evolutivo la scuola, con i suoi operatori e le diverse professionalità, rimane da sola nel suo ruolo di baluardo, ancora inespugnato, che mira alla  crescita delle persone nella loro totalità, affinché tutti possano acquisire strumenti utili alla maturazione  del loro pensiero critico. 

Nell’era digitale e della comunicazione sui network tutto sembra più faticoso e complesso. Al punto tale che qualcuno sostiene che vi siano “Genitori che faticano a diventare adulti, e figli che faticano a crescere”. Un universo pedagogicamente scivoloso: gli adulti diventano genitori in età sempre più avanzata e assottigliano le differenze comportamentali.

Tutto questo, se da una parte sembra avvicinare genitori e figli, in verità rende rischiosa e confusa la distinzione generazionale. Diversi studi hanno dimostrato che gli adolescenti non vogliono genitori/amici, ma pur contestandoli, li vorrebbero educatori. 

Vorrebbero punti fermi e sicuri in modo da contare proprio su quei pilastri esistenziali a cui, paradossalmente, ribellarsi per distinguersi. Il ribellarsi, è una forma di relazione che genera sentimenti e porta alla crescita del proprio io. 

Da queste considerazioni si evince che spetta ai genitori/educatori accompagnare i figli nelle scelte digitali, poichè il mondo "virtuale" non è esente da rischi esattamente come quello "reale", che bisogna fare attenzione a scegliere le proprie amicizie online e cercare di essere prudenti nelle informazioni che si rendono pubbliche. Ma sono proprio i genitori o gli educatori coloro i quali devono dare l’esempio per primi. 

 Ridicolo sarebbe ritornare indietro nel tempo; infatti i social possono offrire ai giovani innumerevoli vantaggi. I social, come del resto il web, sono nati per far crescere la conoscenza, per mettere in comune le proprie esperienze e apprendere da quelle degli altri. 

Concedere questi spazi, quindi, è un “dovere” dei genitori: fa parte del ruolo educativo. Lo stesso web ci viene in aiuto con forme di controllo con una applicazione che si chiama Piggyback, in grado di monitorare in tempo reale le attività sociali e di gioco dei figli. Offre, altresì, una panoramica generale di quello che succede online e invia delle notifiche quando succede qualcosa di “sospetto”.

Ancora una volta la scuola è chiamata ad un ruolo determinante dal punto di vista educativo, attraverso la didattica digitale e l’utilizzo di strumenti nuovi e vicini ai nativi digitali, potrebbe fare la differenza indicando i binari entro i quali ricondurre l’intero dibattito, rendendosi propositiva e al passo con i tempi, riconquistando il ruolo che le appartiene. 

Serrone Maria, docente di scienze integrate presso IISS Ferraris-Montalcini di Molfetta, ho conseguito la maturità classica e quella magistrale, sono laureata in Biologia, ho maturato alcune esperienze presso il policlinico di Bari come ricercatrice; sono stata consulente come esperta per un ente di formazione che eroga corsi per ottici ed optometristi per diversi anni. Ho iniziato la carriera scolastica nella scuola superiore di primo grado, ho svolto il primo anno di ruolo nella scuola materna, esperienza veramente unica e formatrice. infine sono entrata in ruolo nella scuola superiore nel 2008. Nel 2009 sono arrivata all’istituto Lotti e mi hanno affidato il ruolo di coordinatrice del dipartimento scientifico. Negli anni ho continuato a svolgere il compito di coordinatore, ho assunto il ruolo di funzione strumentale area 1 per diversi anni, ora seguo i lavori del PTOF, sono referente per Invalsi e curo la parte riferita agli esiti nel RAV. Collaboro alla stesura del PDM insieme ad altri colleghi. Dopo la mia prima esperienza digitale con la formazione a tutor Didatech a Napoli, ho iniziato ad avvicinarmi alla didattica digitale, da diversi anni faccio parte del team digitale, ho maturato la mia esperienza come docente in classi digitali e ho svolto il ruolo di esperto anche in PON che trattavano questo tema. Nello staff di dirigenza ho il compito di coinvolgere i colleghi all’uso della didattica digitale, attraverso azioni di diverso tipo tra cui condivisione di buone pratiche e la pubblicazione di una news letter mensile con suggerimenti a tema.
PS. Nel tempo libero sono una speleologa e cerco di coinvolgere quanti fossero interessati al mondo speleologico.

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