LA COMUNICAZIONE NEI SOCIAL NETWORKS: FATTORE DI POLARIZZAZIONE SOCIALE

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Analizzare la comunicazione nei social networks è un’attività di vasto e crescente interesse, perché consente, non solo di rilevarne la volumetria dei diversi e già ben noti aspetti formali e strutturali, ma anche di evidenziare le nuove modalità di pensiero che in essa si manifestano.

 Da qui la rilevanza e il progredire del filosofare sulla questione.

Le nuove forme di comunicazione hanno priorità cronologica e ontologica rispetto alle nuove modalità di pensiero? Costituiscono esse causa efficiente o causa finale rispetto a queste ultime? O sono entrambe le cose?

Ancora una domanda (ovviamente tendenziosa): le nuove modalità di pensiero che si manifestano, anche, attraverso la comunicazione nei social networks sono in libero divenire o sono il frutto quasi maturo di una gigantesca pianta coltivata ad arte da un invisibile deus ex machina? Naturalmente non si pretende di rispondere. Non sia mai dovessimo realizzare di essere sotto regime dittatoriale ad opera di chissà chi e chissà poi per quale fine!

Un’ “energia fluida” attraversa il mondo, insieme all’ “energia fluida” del linguaggio e, quindi, a quella del pensiero. C’è vita sulla Terra!

Fluidamente si può essere ovunque, congiunti (?), connessi senza confini.

In tutto ciò, i cambiamenti più radicali sono stati apportati dai social networks, i quali hanno una potente incidenza sulle nostre vite e, mediante algoritmi di raccomandazione che finiscono per determinare i contenuti da mostrarci, orientano il nostro modo di vedere il mondo e le sue cose.

È noto come anche in passato, in determinati frangenti storici, la popolazione fosse ritenuta una massa indistinta da poter manipolare mediante attività di propaganda tramite mass media, si pensi a quanto accaduto durante la Prima Guerra Mondiale. Ma è certo, purtroppo, che i social media, rispetto ai tradizionali mass media, hanno un grossissimo potenziale bellico e lo impiegano proprio tutto.

I social networks, tra gli strumenti di comunicazione, hanno fama di grandi seduttori. Innescano desideri, che, troppo spesso si trasformano in presunte necessità: quella di avere (sempre) un pubblico (che, nei casi fortunati, può anche diventare vastissimo), quella della continua e certa interazione con il proprio pubblico, quella della validazione sociale (il dopante like!), quella della libertà di condividere i più svariati contenuti (anche solo il fumo al posto delle caldarroste!), quella della massima diffusione dei contenuti condivisi (viralità), quella dell’appartenenza e della partecipazione a gruppi di interesse o di tendenza e, molto spesso, quella di schierarsi, nei dibattiti, da una parte o dall’altra, anche rischiando la radicalizzazione di determinate opinioni.

Questo è il modo in cui noi fruiamo della comunicazione attraverso i social media, ma, ahimè, ne siamo anche fruiti. Carmelo Bene direbbe che pensiamo di essere consumatori, quando, in realtà, siamo “consumati”.

Sul nostro conto si raccolgono dati e informazioni utili a conoscere la nostra visione della realtà, la nostra mappa, così ci vengono proposti solo contenuti ruffiani, che assecondano il nostro bisogno di conferma.

Si pensi al fenomeno della cosiddetta Echo Chamber (Camera dell’eco), la quale è un luogo metaforico all’interno del quale le proprie convinzioni sono amplificate e rinforzate ad opera della comunicazione e della ripetizione in un sistema chiuso (“Camera dell’eco”,

Wikipedia, https://it.m.wikipedia.org/wiki/Camera_dell%27eco). 

In altre parole, viene assecondata e confermata la nostra visione della realtà, perché non ci vengono rese visibili possibili alternative. L’eco ci rimanda la nostra voce, il nostro pensiero, sempre lo stesso.

Il risultato? Nessuna novità nei nostri orizzonti. Solo una conferma di ciò di cui già eravamo convinti e la cristallizzazione, se non addirittura l’estremizzazione, delle nostre opinioni.

L’inganno? Eccolo servito: tanto basta  a renderci prevedibili nelle nostre scelte future. Se siamo prevedibili, siamo anche manipolabili. 

Cioè siamo il contrario di ciò che i Greci definivano atopos: classificabili, prevedibili, non fastidiosi, non scomodi. Siamo  passivi.

Passivi e a rischio povertà di idee, perché preferiamo il lager del nostro sistema di valori e di convinzioni alla tempesta del confronto e all’incendio dei processi creativi.

Ma c’è anche un altro risvolto. La conferma continua dei nostri pensieri, dei nostri pregiudizi e la possibile radicalizzazione delle nostre idee sulla realtà ci portano a schierarci, quindi a collocarci, ad incastrarci in confini rigidi che finiscono con il dividerci da tutti coloro che come noi non la pensano. Dunque, saremo anche connessi, ma non congiunti.

Si annientano le distanze spaziali, eppure l’unica vicinanza che si realizza è quella a noi stessi, seppur mediante ciò che ci rappresenta per gusti, tendenze, inclinazioni, forma mentis…

La conseguenza? La conseguenza pare essere lo sviluppo di forme di pensiero inclini alle divisioni sociali. E se l’unione fa la forza, le divisioni sociali fanno il contrario.

Si delinea un frame dominante: il rapporto di interdipendenza causale tra il bisogno di identificazione/appartenenza e quello di separatezza/affermazione di sé mediante rifiuto e chiusura.

“Cerco un centro di gravità permanente/ che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente/ over and over again” ( “Centro di gravità permanente”, dall’album “La voce del padrone” di Franco Battiato, EMI Italiana, 1981).

Cerco solo me.

Anna Rita Cancelli, docente. Laurea in Pedagogia conseguita presso Università del Salento con voto 110/110 e Lode; Master universitario di I livello in “Legislazione Scolastica e Management della Negoziazione” conseguito presso Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Perugia. Perfezionamento in “Storia della Filosofia” conseguito presso Università del Salento. Perfezionamento in “Psicologia di Comunità e Empowerment delle donne. Le identità di genere nell’epoca post-moderna” conseguito presso Università del Salento. Specializzazione biennale  polivalente per le attività di sostegno conseguita presso  Università del Salento. Partecipazione al corso della Provincia di Lecce per “Esperto dell’approccio integrato ai minori a rischio di devianze” nell’anno 1997. Operazione matematica preferita: la sottrazione.

 

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