Il re è nudo: la Scuola italiana tra acronimi e ansia di riforma. E se la vera riforma fosse guardarsi indietro?

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Negli ultimi decenni si è assistito a un proliferare di acronimi fastidiosi, spesse volte di difficile interpretazione o scioglimento, che sono diventati la quintessenza dell’istituzione scolastica. Ma sono davvero necessarie queste sigle che, in un certo qual modo, rispecchiano il ‘nuovo’ funzionamento della scuola?

 In pratica, si è spostato il “focus” dell’osservazione dal contenente al contenuto e pare che la panacea dell’ansia modernista della scuola si sia ridotta alla sovrabbondanza di sigle, come in ogni comparto della Pubblica Amministrazione, e di proclami spot su Twitter.

A complicare ulteriormente il quadro, ogni Ministro che si è avvicendato a Viale Trastevere (sarebbe lungo elencare le sigle con le quali il Ministero preposto alla formazione scolastica è stato nominato a seconda del colore dei Governi) ha pensato di lasciare un proprio sigillo con una bella riforma … col risultato che ora il re è nudo! 

Eh sì, le problematiche del Covid hanno fatto emergere il caos totale che ruota attorno al mondo scolastico e, soprattutto, hanno palesato le croniche lacune e le stratificate criticità della Scuola, celate dietro a una burocraticamente volgare pittura glitterata.

Nel mondo scolastico, dopo una sospensione di sei mesi, pare si fosse trovato un contenuto riformistico per arginare la pandemia con la scelta dei banchi monoposto (sia quelli classici che quelli su ruota), per così mettere in sicurezza scuole e alunni. 

Qual è il risultato? Che a novembre non tutte le scuole hanno ancora avuto i banchi e che con l’ingente cifra, che alcune stime dicono essere nell’ordine di varie migliaia di miliardi del vecchio conio in lire, si sarebbe potuto mettere mano a un vero programma di adeguamento dell’edilizia scolastica (non di rado ferma a svariati decenni fa), visto che i fondi europei c’erano, e non dilapidarli dietro all’acquisto di “device” o strumentazione poco adeguata, visto che le aule e le aule spesso sono malridotte e che nelle scuole non di rado ci piove a causa della scarsa (o inesistente) manutenzione ordinaria.

Ecco la scelta volutamente provocatoria del titolo, che palesa l’ovvietà, come sa chi vive il vero mondo della scuola!

Come al solito si è privilegiato un “focus” sul contenuto effimero (banchi, “device” …) rispetto alla reale efficienza e funzionalità del contenente. La scuola è fatta dagli alunni e dai docenti, “in primis”, e ogni innovazione può essere accettata e sperimentata solo dopo una messa in sicurezza e un ammodernamento effettivo (e non di facciata) dell’edilizia scolastica. E da marzo ad oggi il tempo c’è stato, ma è stato in pratica sprecato!

E che incertezza a inizio anno sulle cattedre sguarnite e il caos delle GPS, un dispendio enorme di energie che potevano essere convogliate su ben altre priorità, vista la delicata situazione dell’inizio anno scolastico, vista la necessità impellente e (non) solo oggi sorta delle classi numerose (e le norme sempre derogate, per risparmiare, sulle classi pollaio)! 

Quasi che non si sapesse che da anni gli organici sono sottodimensionati e le classi sono ben oltre il limite di una qualsiasi sicurezza fisica ed efficacia scolastica! 

Ma forse a Viale Trastevere si era troppo occupati a scegliere la sigla più accattivante per rendere più glitterata e “fashion” la scuola.

Certo, facciamo subito venire i computer a scuola e attuiamo un PNSD - tanto per usare il gettonato acronimo - del quale si parla da anni (ma lasciamo stare la reale effettività)! E intanto abbiamo alunni che non riescono a scrivere in corsivo perché spesso si privilegia per chiarezza ed efficacia lo stampatello, che non riescono a decodificare un testo o capire un’istruzione, perché il riassunto è stato accantonato in quanto “âgé” e perché si deve puntare a una assolutizzante competenza scollata dalla conoscenza. 

Eh sì, l’ansia modernista delle riforme ha colpito al cuore la Scuola, tendendo sempre più a svuotarla della sua funzione a discapito di una competenza fintamente sbandierata e assurta a grido d’ordine. 

Ma la competenza non è scindibile dalla conoscenza e non ci può essere una competenza reale senza una effettiva conoscenza.

E che dire dello svilimento della funzione pedagogica dei docenti? Sulla scuola si sono volute addossare una serie di sovrastrutture, di funzioni e di ruoli che di certo non rientrano tra quelli primari delle scuole ma che per comodità sono stati fatti ricadere sulle scuole senza un adeguato e preventivo coinvolgimento dei professionisti scolastici. 

Per non parlare del pasticcio burocratico emerso con la pandemia, con la didattica a distanza di marzo-giugno (svolta da casa) e quella attuale, che spesso il docente, quasi novello personaggio dechirichiano, in una novella spazialità metafisica, è costretto a svolgere in una scuola deserta  mentre gli alunni sono a casa: questo perché il nostro Contratto è abbastanza arretrato e fermo rispetto al lavoro agile e alle innovazioni nel frattempo sopraggiunte (vedi da ultimo la L. 104/2020 art. 32, comma 4).

A Viale Trastevere non le conoscevano le criticità e l’arretratezza (anche degli scatti di anzianità) del nostro contratto?

Forse sarebbe il caso che ora i Sindacati scolastici si dessero da fare seriamente e non a parole! 

Se la scuola è attività essenziale e deve rimanere aperta, dove sono le tutele per il personale scolastico? Essendo in pratica equiparati ad altre classi lavoratrici che ne godono, dove sono le indennità di rischio (giuste per il personale sanitario, ma doverose anche per i docenti che vivono nella trincea scolastica questa pandemia)? Dove la possibilità di pensione anticipata per un docente che è usurato da questo lavoro? 

Ma i Sindacati mancano di quella unitarietà necessaria a far sentire una voce potente.

Come si fa a pretendere una didattica telematica che sia simultanea con quella in presenza, come pure proposto in sedi istituzionali, visto che i due modi di fare didattica sono totalmente diversi?

Non sono un reazionario assolutamente, anzi, e apprezzo tutti i tentativi comunicativi, purché l’obiettivo venga raggiunto: analizziamo il messaggio della famosa coppia di “infuencer” dei Ferragnez (Ferragni e Fedez).

Per veicolare il contenuto (un giusto messaggio) si è voluto impiegare il contenente dei Ferragnez e di per sé la scelta può essere condivisibile, se non fosse che ha reso palese non tanto il ruolo precario della comunità educante intera, ma soprattutto l’inadeguatezza delle famiglie che non riescono più a svolgere quel ruolo educativo che è “in nuce” la cellula educativa di base e del vivere sociale, ruolo che è quindi ricaduto sulla scuola. 

E che dire della vilipesa categoria dei docenti, della quale non solo si svilisce il ruolo, ma sulla quale si è riversato volutamente (per risparmiare) un compito immenso che poco ha a che fare con la seria formazione dei discenti, dal momento che i docenti sono schiacciati tra una miriade di corsi, di attività (tre I, efficientamento, piano di dimensionamento e chiusura scuole, RAV eccetera), di progetti e di relazioni con l’ingerenza, spesse volte assai nociva, delle famiglie; infatti, la giusta collaborazione e sinergia educativa non di rado si trasforma in una ingerenza molto poco didattica e per nulla educativa nei confronti dei ragazzi.

E se la vera riforma fosse quella di avere il coraggio di guardare indietro? di guardare alla storia delle nostre riforme e di fare una sana autocritica? 

Sembra proprio che dopo Gentile (e in particolare dai tardi anni Ottanta del secolo scorso) si sia perso l’obiettivo di una scuola effettivamente formativa che vada di pari passo con un’adeguata edilizia scolastica e con una organicità delle indicazioni ministeriali per quanto riguarda gli ex-programmi (non è assolutamente produttivo e didattico lo sfasamento nei programmi con ragazzi che studiano contemporaneamente il Medioevo, l’Arte greca e il Cinquecento, oppure con la Storia Antica trattata alle Elementari e poi ripresa dopo anni nel I anno delle Superiori).

Anche il nodo trasporti scolastici che tanto sta infiammando l’opinione pubblica in questo periodo si sarebbe potuto risolvere: non spendere soldi in maniera poco oculata (come, ad esempio, il “bonus” monopattini), ma ottimizzando le risorse utilizzando i bus privati (dando così fiato ai gestori privati in crisi) e incrementando anche l’acquisto di metropolitane con fondi dedicati. 

Ottimizzazione delle risorse vuol dire soprattutto maggiori risorse da usare in base alle effettive esigenze del Paese. 

La scuola sicura è la scuola che “si-cura”, che ha necessità di una seria cura vitale, che ha bisogno di interagire col Paese, che sia al centro degli sforzi  nazionali, che riprenda il proprio ruolo educativo e formativo e abbia il coraggio di abbandonare le disastrose riforme che ne hanno in parte snaturato il proprio obiettivo peculiare, per formare cittadini ed essere il cuore  pulsante della ripresa del nostro Paese.

Abbiamo l’ultima possibilità, per raddrizzare la scuola e ripensare all’intero impianto scolastico ed evitare un’intera generazione di ragazzi poco istruiti e consapevoli del vivere democratico: c’è bisogno di una vera sinergia tra il personale scolastico, i Sindacati e un Governo credibile e capace, per contribuire a questa rivoluzione copernicana. 

Senza cultura non si va da nessuna parte e ogni forma di civiltà è perduta: il re (cioè la Scuola) è nudo e sta a noi rivestirlo per ridargli autorevolezza e metterlo in condizione di svolgere il suo ruolo educativo e formativo.

Abbiamo i mezzi e la possibilità per non sprecare quest’ultima possibilità di una seria e radicale ricostruzione (uso volutamente questo termine) della Scuola, evitando ulteriori riforme che durano il battito d’ali della permanenza ministeriale a Viale Trastevere.

Francesco Li Pira, di Nocera Inferiore, laureato cum laude in Lettere moderne presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II (2005)  ha conseguito, nel gennaio 2009, il dottorato di ricerca (PhD) in Storia medievale presso il medesimo Ateneo; borsista (2006/2007) presso l’Istituto Italiano di Studi Storici, si è diplomato presso l’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo di Roma alla I Scuola storica nazionale per l’edizione delle fonti documentarie (2009-2010), della quale è stato borsista annuale; borsista presso le Archives Nationales di Parigi e il CNRS allo stage di diplomatica medievale (GDR3177 <Diplomatique>), è stato borsista triennale (2011-2014) del Centro Universitario Cattolico della CEI.È membro dell’Associazione Italiana di Studi Bizantini, della Associazione Italiana Paleografi e Diplomatisti, della Società Napoletana di Storia Patria, del Centro di Cultura e Storia Amalfitana, della Società Salernitana di Storia Patria. Docente abilitato in Sostegno e in Materie Letterarie - per le Scuole Secondarie di I Grado, i Licei e gli Istituti Superiori - dal 2016 è docente di ruolo presso l’I.C. Via Frignani di Roma.È Cultore della materia (Storia Medievale) presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. È autore di numerosi articoli su importanti riviste specialistiche, nazionali e internazionali

 

 

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