STATO DI EMERGENZA E DIRITTO ALLA CONOSCENZA

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È percezione diffusa, nell’attuale frangente storico, che, nella selva oscura dello Stato di Emergenza, la diritta via per la conoscenza si è smarrita.

 

In base a quanto affermato da Aristotele proprio all’inizio della Metafisica, “Tutti gli uomini desiderano sapere”.  Il desiderio di sapere è caratteristica innata e comune a tutti gli uomini (pantes anthropoi). Peraltro, come afferma Lévi Strauss, si tratta di una brama che non è funzionale alla sola utilità pratica e materiale dell’uomo. 

Secondo quanto espresso dal  compianto Stefano Rodotà in un suo eccellente intervento al seminario della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, Venezia, presso Fondazione Cini (Stefano Rodotà - Il diritto alla conoscenza -  intervento al seminario della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, Venezia, presso Fondazione Cini -  youtube.com, https://youtu.be/toudHXqt1IM), sebbene oggi viviamo in quella che è ormai definita Società della Conoscenza, quando parliamo di conoscenza bisogna chiarire a che cosa facciamo riferimento. 

Lo stesso Rodotà, nel chiedersi che cosa vuol dire percorrere lo sconfinato territorio della conoscenza, munuti di un diritto, il Diritto alla Conoscenza, appunto, evidenzia  che anche in passato l’accesso al sapere poneva numerosi problemi e che, soprattutto,  risentiva esso dell’effetto di una divisione netta tra produttori e consumatori di conoscenza (dato differenziale). 

Il Giurista evidenzia, altresì, l’odierna consapevolezza della impossibilità di tracciare  una definita e stabile linea di confine tra questi due mondi e queste due figure, nonché un rapporto che diviene sempre più paritetico tra produzione della conoscenza e la sua ricezione. Ciò vuol dire che ogni utente si fa produttore, mutando la natura stessa della conoscenza in Rete. È così annullata ogni differenza tra sfera sociale, sfera culturale e sfera mediatica.

Nella Società della Conoscenza  la conoscenza non è più, come accadeva in passato, un privilegio di classe, oggetto di una attenzione selettiva ed esclusiva. Oggi la conoscenza è ubiqua e a portata di clic.

Nello spazio sociale dilatato prodotto da Internet ed identificato con la Rete è in circolo una conoscenza infinita. Si tratta di una conoscenza che, sottraendosi alle regole che la costruivano come proprietà di qualcuno, per il modo in cui è prodotta e recepita, si configura  ed è percepita come conoscenza condivisa, peraltro minimamente controllata (giocherebbe un ruolo determinante, a tal proposito, la stampa indipendente).

“Su Google troviamo un certo tipo di sapere: quello che può essere espresso verbalmente. Ce n’è un altro, la conoscenza “tacita” di cui parla Polanyi, che non si può trasmettere se non con la pratica. E poi, ancora, esiste proprio quel sapere cui, come ci rammenta Infantino, faceva riferimento Smith e che Hayek ribattezza La conoscenza delle circostanze di tempo e di luogo. Essa «non esiste mai in forma concentrata o integrata, ma solamente sotto forma di frammenti dispersi di conoscenza, incompleta e spesso contraddittoria, che gli individui posseggono separatamente».” (Alberto Mingardi, Il valore della conoscenza, http://www.brunoleoni.it/il-valore-della-conoscenza).

Secondo Stefano Rodotà, il Diritto alla Conoscenza non può significare diritto di accesso alla conoscenza, in qualsiasi modo ed in qualsiasi forma. E non può esso configurarsi come confliggente con il Diritto fondamentale alla Privacy , inteso, più ampiamente, come tutela della libertà di ciascuno, come nel caso del cosiddetto Datagate del 2013, ossia la rivelazione che un’agenzia americana (Agenzia per la Sicurezza Nazionale statunitense in un rapporto di complicità con servizi di intelligence di altri paesi)  raccoglie milioni di dati col fine di esercitare un controllo delle persone su scala planetaria. 

In una situazione come quella della pandemia da COVID19, la conoscenza, con riferimento al suo valore intrinseco, residente nel fatto che essa ci permette di vedere la realtà così com'è, incondizionatamente rispetto ai nostri interessi e ai nostri preconcetti, assume grande rilevanza. 

La conoscenza permette di avere un repertorio di informazioni attendibili sulla realtà, non solo al fine di prendere in esame il problema, ma anche per ricontestualizzarlo all’occorrenza.

“Per noi è scontato che «conoscenza» equivalga a «sapere». Conoscere è anche guardare la realtà con occhi diversi. È una forma speciale di «visione».” (Charles Larmore e Paolo Costa, A che serve sapere? Una conversazione – Le parole e le cose, http://www.leparoleelecose.it/?p=11945).

Di Diritto alla Conoscenza si discuteva già da tempo, ma dopo gli eventi dell’11 settembre 2001, vari movimenti si sono attivati (vedi Partito Radicale Transnazionale)  per il riconoscimento del Diritto, di individui e gruppi, di chiedere ai governanti informazioni che questi ritengono di tenere riservate.

Qui si pone subito una delicata questione, quella dell’equilibrio tra libertà e sicurezza.

Diritto alla Conoscenza, come spiega Mauro Barberis, docente di Diritto, presso l’Università di Trieste ( Blog | Perché i governi devono dirci tutto. Sul diritto alla conoscenza, https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/02/08/perche-i-governi-devono-dirci-tutto-sul-diritto-alla-conoscenza/4146630/),  significa almeno due cose, le quali risultano tra di esse a volte coincidenti, altre volte confliggenti: 

  • un interesse collettivo dell’opinione pubblica, nell’eventualità fatto valere da individui o gruppi di pressione, alla trasparenza di un’amministrazione pubblica o privata
  •  diritti individuali sia a venire a conoscenza di notizie determinanti per la propria vita, la propria libertà, i propri beni, sia alla riservatezza o alla cancellazione (è il caso del cosiddetto Diritto all’Oblio) di tali notizie.

Matteo Angioli, Segretario del Comitato Globale per lo Stato di Diritto “Marco Pannella”, Membro del Consiglio Generale del Partito Radicale, riporta che, il 15 maggio 2020, il Senatore Roberto Rampi, nell’accettare l’incarico di Relatore Generale del Rapporto su “Libertà dei media, fiducia pubblica e diritto alla conoscenza” da parte della Commissione Cultura, Scienza, Istruzione e Media dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, ha evidenziato l’importanza, in questo complicato momento storico, del diritto dei cittadini alla conoscenza anche al fine di salvaguardare la propria salute, giacché avere cognizione di ciò che realmente accade è determinate per i nostri comportamenti. Lo stesso ha affermato che, chi ha avuto a disposizione strumenti per capire, ha avuto maggiori possibilità di fare salva la vita (Matteo Angioli, http://globalcommitteefortheruleoflaw.org/it/il-diritto-alla-conoscenza-approda-ufficialmente-allassemblea-parlamentare-del-consiglio-deuropa/). 

Il fatto che il Diritto alla Conoscenza sia approdato in un’istituzione sovranazionale rappresenta un passo importante verso un obiettivo democratico: la promozione e la protezione dei valori fondanti della Democrazia, dello Stato di Diritto, dei Diritti Umani.

La nostra Costituzione non prevede e non regola lo Stato di Emergenza, per scelta, peraltro dibattuta, dei nostri Padri Costituenti, per i quali, la cosa maggiormente vicina allo Stato di Emergenza, era il ricorso al decreto legge. Ai sensi dell’art. 77 della nostra Costituzione, infatti, in casi straordinari di necessità e urgenza, per un tempo limitato di sessanta giorni, il Governo può esercitare il potere legislativo, altrimenti riservato al Parlamento. Il Governo può, in tali circostanze, dettare regole emergenziali aventi forza di legge. Sta di fatto che, l’attuale regime di emergenza è frutto di decretazione ministeriale (DPCM), ossia di atti amministrativi, non già di atti legislativi, per loro natura di promanazione parlamentare. Ciò basta a compromettere la democraticità delle scelte.

Lo Stato di Emergenza Sanitaria, che si è protratto nel tempo e in cui ancora ci troviamo, infatti, pone non poche questioni circa i limiti ordinamentali dell’attuale situazione. Per trovare chiarezza si può ricorrere ai trattati internazionali, sottoscritti dall’Italia e contenenti espresse clausole di emergenza: la Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (CEDU) e il Patto per i Diritti civili e Politici (Patto), il quale fu approvato dalla Nazioni Unite nel 1966.

Tra le varie questioni che sorgono circa la serie di diritti e libertà fondamentali nell’attuale Stato di Eccezione, dovrebbero imporsi anche quelle inerenti il Diritto alla Conoscenza, anche e non in ultima analisi, in riferimento al principio di stretta necessità e proporzionalità delle misure emergenziali, il quale costituisce, per entrambe le Convenzioni sopracitate, elemento essenziale.

Al momento, si mantenga machiavellica calma per fare salva la vita.

Anna Rita Cancelli, docente. Laurea in Pedagogia conseguita presso Università del Salento con voto 110/110 e Lode; Master universitario di I livello in “Legislazione Scolastica e Management della Negoziazione” conseguito presso Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Perugia. Perfezionamento in “Storia della Filosofia” conseguito presso Università del Salento. Perfezionamento in “Psicologia di Comunità e Empowerment delle donne. Le identità di genere nell’epoca post-moderna” conseguito presso Università del Salento. Specializzazione biennale polivalente per le attività di sostegno conseguita presso Università del Salento. Partecipazione al corso della Provincia di Lecce per “Esperto dell’approccio integrato ai minori a rischio di devianze” nell’anno 1997. Operazione matematica preferita: la sottrazione.

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