“QUID IURIS SE IL DIRIGENTESCOLASTICO ADOTTA UNA SANZIONE DISCIPLINARE SUPERIORE AL RICHIAMO VERBALE?”.....

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Ha trovato numerosi riscontri in giurisprudenza, per la verità non univoci, sulla questione inerente le competenze del dirigente scolastico ad irrogare al docente una sanzione disciplinare che non si limiti al semplice richiamo verbale o censura, ma contempli la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un periodo comunque non superiore a dieci giorni.

 Il pBilancia_Giustizia.jpgroblema si pone sia in quanto, come spesso avviene, si è verificata nell’ordinamento italiano, negli ultimi anni, un’evoluzione normativa che ha ripetutamente modificato la disciplina vigente in materia, e sia in quanto, anche a voler puntare l’attenzione sull’attuale situazione normativa, non sussiste ancora unanimità di opinioni sulle competenze effettivamente spettanti in subjecta materia al dirigente scolastico. 

Sotto il primo profilo, va ricordato che, in base alla fonte normativa specifica in materia scolastica di cui al T.U. n. 297/1994, art. 492, le sanzioni disciplinari minori applicabili al personale docente sono a) la censura; b) la sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio fino a un mese.

Occorre però tenere presente, nell’ambito del sistema delle competenze ad irrogare le sanzioni, anche l’innovazione introdotta con il D. Lgs. n° 150 del 2009, che ha inserito l’art. 55-bis al D.L.vo n° 165 del 2001 (Testo Unico sul Pubblico Impiego),  a norma del quale  (1° comma) “per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, il procedimento disciplinare, se il responsabile della struttura ha qualifica dirigenziale, si svolge secondo le disposizioni del comma 2”.  A norma di tale comma 2, spettava al dirigente della struttura istruire il procedimento e concludere il procedimento, con l’archiviazione ovvero con l’irrogazione della sanzione, entro il termine di 60 giorni. Tale norma, com’è noto, nell’ottica di un generale inasprimento del sistema sanzionatorio nel pubblico impiego, mirava ad accelerare e snellire il procedimento disciplinare (anche) mediante l’ampliamento dei poteri disciplinari assegnati al dirigente.

Senonché, già nel vigore di tale normativa, erano sorti seri dubbi, a livello sia giurisprudenziale che della dottrina, in ordine al potere del dirigente scolastico di applicare sanzioni superiori alla semplice censura di cui al citato art. 492 del T.U. del 1994, o al rimprovero verbale, come letteralmente definito dallo stesso art. 55-bis, introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2009.

Le motivazioni sostenute per negare tale competenza erano di vario genere, e riguardavano, di volta in volta: a) la non riferibilità specifica del citato art. 55-bis al settore scolastico, per il quale doveva rimanere ferma la disciplina particolare di cui al T.U n. 297 del 1994, a cui i CCN di settore continuano a rinviare nelle more di una revisione generale della disciplina in materia scolastica, che non contemplano affatto la sanzione (tipica) “della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione inferiore a dieci giorni” ; b) la natura meramente procedurale e non innovativa o sostanziale dello stesso art. 55-bis, come tale priva dell’attitudine a conferire nuovi poteri sanzionatori al dirigente scolastico, tanto più in carenza di un mutamento della disciplina contrattualistica, la quale, come già detto, non prevede espressamente una sospensione inferiore a 10 giorni per il personale docente (in tal senso, Tribunale di Udine, sentenza 30/6/2017 n° 410); c) l’insussistenza del potere del dirigente scolastico di compiere una valutazione ex ante circa la gravità della sanzione applicabile (se ritenerla, quindi, meritevole di una sospensione inferiore o eccedente i dieci giorni), al di fuori  del campo della semplice ammonizione verbale, dovendosi pur sempre far riferimento alle sanzioni edittali previste dal T.U. e dal Contratto collettivo, che prevedono appunto una sanzione sospensiva minima pari ad un mese, non scindibile ad libitum da parte del dirigente (tra le altre, Cassazione Civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 28111 in data 31/10/2019). 

L’interpretazione giurisprudenziale sinora menzionata, tuttavia, non appariva univoca, anche perché in contrasto con la ratio e le finalità proprie della riforma del pubblico impiego e con lo stesso dato letterale dell’art. 55-bis, che imponeva comunque al dirigente (3° comma) la trasmissione, in caso di valutazione della sanzione come punibile con una sospensione superiore a 10 giorni, al competente Ufficio per i procedimenti disciplinari, che poteva anche applicare una sanzione inferiore. Inoltre, con la Circolare n. 88 del 2010, il Miur aveva ribadito la competenza del dirigente scolastico ad irrogare le suddette sanzioni disciplinari, affermando che, con riferimento a quella della sospensione fino a 10 giorni, la valutazione circa l’entità della sanzione applicabile in rapporto alla gravità dell’infrazione, ben potesse essere compiuta da dirigente “ex ante”.    

In tale contesto normativo si è inserita la c.d. Riforma Madia sulla dirigenza pubblica, la quale, modificando tra l’altro l’art. 55-bis - dopo aver precisato, al 1° comma, che in via generale per il rimprovero verbale è sempre competente il responsabile della struttura - ha inserito, con finalità evidentemente chiarificatrici, un comma 9-quater, che così recita: “Per il personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, il procedimento disciplinare per le infrazioni per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni è di competenza del responsabile della struttura in possesso di qualifica dirigenziale e si svolge secondo le disposizione del presente articolo”. 

Soffermandosi ad un giudizio preliminare, tale disposizione sembrerebbe aver risolto il problema relativo alla competenza del dirigente scolastico in materia sanzionatoria, poiché espressamente demanda al dirigente scolastico anche le sanzioni superiori al semplice richiamo verbale e fino alla sospensione dal servizio e privazione della retribuzione comprese entro i dieci giorni. Senonché, anche dopo l’entrata in vigore di tale novella, le questioni non appaiono affatto risolte, proprio alla luce dei principi e delle interpretazioni giudiziali innanzi evidenziate, che manifestano una visione in senso restrittivo dei poteri disciplinari assegnati al dirigente scolastico.

La stessa sentenza del Tribunale di Udine n. 410 del 2017, infatti, esclude che detta norma chiarificatrice della Riforma Madia, pur di chiaro tenore letterale, abbia potuto innovare lo status quo ante, non soltanto perché destinata (ovviamente) a valere per i casi futuri, ma anche per il motivo che la stessa non ha modificato l’astratta previsione delle fattispecie sanzionatorie, che continuano ad essere riconducibili all’art. 492 del T.U. n. 297 e alla contrattazione collettiva in materia, che non contemplano ipotesi di comportamenti rilevanti sotto il profilo disciplinare punibili con sanzioni “ fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per 10 giorni”. Per il Tribunale friulano, infatti, la disposizione in oggetto, di natura meramente procedimentale (rubricata “Forme e termini del procedimento disciplinare”) non avrebbe alcuna conseguenza pratica sull’ampiezza dei poteri già riconosciuti al dirigente scolastico. Tanto più che dovrebbe rimanere fermo il principio per il quale, considerata la tipicità delle sanzioni ed il divieto di un’interpretazione estensiva, l’inammissibilità (sempre secondo l’opinione di tale Tribunale e della Corte di Cassazione) di una valutazione ex ante e in concreto della sanzione applicabile da parte del dirigente, anziché relativa alla fattispecie legale astratta, dovrebbe escludere il potere del medesimo di individuare un provvedimento sanzionatorio non previsto in via generale dalle disposizioni in materia, normative o contrattuali.  

È agevole, a questo punto, obiettare che, accogliendo siffatta interpretazione, la norma in oggetto risulterebbe tamquam non esset, e che, inoltre, verrebbe introdotta una palese disparità di trattamento tra il personale docente e il personale ATA, atteso che, per quest’ultimo, l’art. 93 del CCNL 2006-2009 contempla tra le sanzioni disciplinari applicabili anche la “sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni”. Infine – è stato osservato – il D.Lgs. n° 150 del 2009 aveva anche abrogato gli artt. 502 e seguenti del T.U. del 1994 che ripartivano i poteri sanzionatori tra i presidi, i provveditorati e l’ufficio scolastico regionale. 

Senonché, proprio la più volte citata sentenza di Udine, in risposta ad una specifica obiezione del Miur, ha rilevato che nessuna disparità di trattamento si pone con il personale ATA, non potendosi riscontrare omogeneità nelle (diverse) posizioni che l’ordinamento scolastico assegna a tale personale e a quello docente. Peraltro, lo stesso Tribunale, con la più recente sentenza n° 117 del 30/8/2018, ha ritenuto che neppure il nuovo comma 9-quater del D. Lgs. n. 165/2001, introdotto dalla Riforma Madia nel 2017, appaia idoneo a spostare le conclusioni precedenti, dal momento che, “ad oggi, né nel T.U. delle disposizioni legislative in materia di istruzione, né nella contrattazione collettiva di settore, sono individuabili, per i docenti, ipotesi disciplinarmente rilevanti punite con l’irrogazione di sanzioni fino alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni”, dovendo – come già detto – il dirigente, attenersi alla sanzione astrattamente applicabile alla fattispecie, e non invece a quella che egli ritenga applicabile in concreto.

Naturalmente, rimangono tutt’ora - soprattutto in mancanza di un ulteriore intervento chiarificatore della Corte di Cassazione, magari a Sezioni Unite - molti dubbi sulla coerenza e rispondenza al dettato normativo di tali conclusioni. Tuttavia, in via di mera previsione, neppure la Corte Suprema, se nuovamente investita della questione, dovrebbe ribaltare il proprio precedente orientamento, da cui si desume che, rebus sic stantibus, al dirigente scolastico è inibito di applicare provvedimenti disciplinari diversi da quelli, tipici e nominati, previsti dal T.U. 297/1994 e dai Contratti collettivi, tantomeno mediante una valutazione ex ante ed in concreto della sanzione di carattere sospensivo ritenuta congrua nel caso specifico a carico del docente. Per tale genere di sanzione, eccedente il mero richiamo verbale, quindi, il medesimo dovrà segnalare all’ufficio disciplinare competente i fatti ritenuti di rilevanza disciplinare di cui sia venuto a conoscenza, ai sensi dell’art. 55-bis, comma 4. 

Avv. Corrado Vecchio. Dal 1983 ad oggi esercito la professione di avvocato nel foro di Lecce Dal 2003 Avvocato cassazionista; dal 1988 docente a tempo indeterminato di Discipline Giuridiche ed Economiche. Vice conciliatore presso il Comune di Melendugno (LE).

 

 

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