Autonomia e Successo nella scuola del terzo millennio. Autovalutarsi per migliorare.

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“L’unico modo per stimolare i propri subordinati 

è quello di creare un buon ambiente di lavoro,

in cui gli individui possano sviluppare

se stessi e le proprie competenze”

(William Levati e Maria Saraò).

 

La legge 59 del 1997 e il DPR 275 dell’8 marzo del 1999 (Regolamento dell’Autonomia delle Istituzioni Scolastiche) che della prima ne era il decreto attuativo conclude un ciclo decennale di riflessione pedagogica e di produzione normativa che aveva impegnato la scuola italiana a partire dalla Conferenza nazionale della Scuola voluta nel ‘90 dal Ministro della Pubblica Istruzione Mattarella che, per la prima volta, parlava di Autonomia delle istituzioni scolastiche. 

Dopo diciotto anni dalla sua ideazione la Legge 107 del 2015 ha rilanciato l’autonomia, la quale viene sancita e rinforzata con la Legge costituzionale n°3 del 2001 “fatta salva l’autonomia delle Istituzioni scolastiche” che pone al centro del sistema istruzione il collegio docenti e il Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF), con cui la scuola progetta, realizza la sua proposta di formazione e di crescita sociale del territorio, dopo aver ricevuto gli indirizzi da parte del Dirigente Scolastico (ai sensi del comma 14 della Legge 107 del 2015) definiti insieme agli stakeholders da coinvolgere e motivare nell’implementazione della proposta formativa.
La parola autonomia autòs+nòmos (sé stesso+legge), indica il darsi da sé un criterio di indirizzo realizzando le finalità istituzionali con uno sguardo ai contesti socioeconomici quotidiani dei cittadini.

 Si viene a definire, quindi, con il regolamento dell’autonomia un nuovo ruolo ed una nuova

funzione sociale della scuola che cerca di organizzare un clima culturale e formativo per sviluppare le abilità, le conoscenze, le competenze dei suoi utenti, attraverso il coinvolgimento degli stakeholders, a partire dalla famiglia, cointeressati al successo formativo  in una scuola “glocale” di qualità. 

L’autonomia delle istituzioni scolastiche ha comportato, in questi primi venti anni di implementazione, modifiche dello stato giuridico dei docenti cui sono state assegnate nuove funzioni. Sono state previste e costruite nuove figure strategiche ed importanti per il management scolastico (collaboratori del dirigente scolastico, staff, funzioni obiettivo prima e strumentali dopo, responsabili di progetto, di dipartimento, di laboratorio, della sicurezza, della privacy) che rappresentano un “middle management” necessario ad un’organizzazione complessa come è la scuola.

Autonomia e Valutazione sono due facce della stessa medaglia, dando più ampi spazi decisionali alle scuole la valutazione diventa uno strumento fondamentale di governo del sistema scolastico per bilanciare e riequilibrare la maggiore libertà verificando l’esistenza di punti di forza e di eccellenza da valorizzare e punti di debolezza da sostenere. 

Indispensabile è conoscere i risultati raggiunti e definire le sue modalità di azione. Le istituzioni scolastiche, sono costrette autonomamente a rendicontare, in maniera trasparente, gli esiti e i risultati, attraverso il Rapporto di Autovalutazione (RAV) e il Piano di Miglioramento (PdM).

Il DPR 80 del 28/03/2013 ha introdotto il RAV che è un documento strutturato in quattro grandi aree: Descrittiva che delinea il contesto territoriale in cui la scuola è inserita e le risorse in esso presenti; Valutativa con riguardo sia agli esiti riportati dagli studenti che alle pratiche educativo-didattiche ed organizzativo-gestionali; Riflessiva che ha per oggetto il processo stesso di autovalutazione dell’Istituto; in ultimo Proattiva: orientata alla definizione delle priorità per migliorare gli esiti verso il Piano di Miglioramento (PdM) che rientra nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF – Legge n. 107/2015).

 Un sistema scolastico centralizzato che vuole crescere, deve introdurre necessariamente attività di autovalutazione al suo interno; importante, a tal proposito, risulta essere una  analisi di clima all’interno dell’organizzazione stessa. Il clima è una presenza costante, non è visibile ma ha effetti sul loro funzionamento perchè influenza i comportamenti delle persone. 

Un’analisi di clima è un pò come un guardarsi allo specchio: chi dirige un’organizzazione si specchia nell'immagine che il personale, rispondendo a domande, fornisce dell'organizzazione stessa. Spesso ci soffermiamo sui lati più noti e più facilmente analizzabili, è come guardare la punta di un iceberg, ciò che sta in superficie è soltanto una minima parte di quello che in realtà nasconde. 

Di un’organizzazione parliamo spesso di dati numerici, ci preoccupiamo dei bilanci, della retribuzione, del numero ottimo di dipendenti che un’azienda dovrebbe avere, accennando velocemente alla gestione del personale a livello di motivazione, incentivazione, il loro vivere quotidiano all’interno dell’organizzazione. 

È frequente sentire affermazioni del tipo: “c’è un clima freddo e ostile”, “non ho più tempo per la mia vita privata”. Queste frasi nascondono qualcosa di più profondo che ogni organizzazione dovrebbe indagare attraverso lo studio delle variabili che sono in grado di influenzare il clima aziendale. 

Kurt Lewin (1972) ha proposto la formula C=f (P,A): ossia, il comportamento è funzione di P, le caratteristiche personali, ma anche di A, cioè l’ambiente. Quindi per ottenere buoni risultati organizzativi, non basta mettere la persona giusta al posto giusto, ma occorre tener conto dell’ambiente in cui si opera. 

L’ambiente, infatti, è tanto importante che spesso modifica le stesse disposizioni personali. Alcuni studi sul clima hanno mostrato che le condizioni dell’ambiente sociale sono in grado di influenzare le stesse motivazioni (Litwin, Stringer, 1968). 

Credo che nelle istituzioni scolastiche sia di fondamentale importanza condurre un’analisi di clima attraverso un percorso di autovalutazione per rilevare attraverso uno studio di caso i gap e produrre strumenti per migliorare la qualità della scuola e delle sue proposte educative, relazionali, organizzative. Insegno da quasi vent’anni e negli ultimi dieci mi sono interessata a questo argomento. 

Monitorare il clima in una organizzazione complessa significa nel corso dell’anno scolastico, mediante una lettura attenta delle proposte educative, somministrare questionari/schede di rilevazione dati (modello INVALSI), rigorosamente in forma anonima, relativi alla Customer Satisfaction che interessa le quattro componenti dell’Istituzione Scolastica.

 Genitori rappresentanti di classe e non, al fine di un maggiore coinvolgimento degli stessi nella vita scolastica dei propri figli; studenti di tutte le classi dell’istituto; personale ATA (Assistente Amministrativo e Collaboratori Scolastici) e tutti gli insegnanti di ruolo e non di ruolo. 

Si utilizza una scala Likert a quattro passi, che va da un minimo di “per niente” ad un massimo di “molto”. Gli item proposti sono incentrati sugli argomenti qualificanti dei processi di formazione di un istituto. Il questionario multidimensionale scelto si prefigge di rilevare quindi il clima scolastico, le relazioni, l’organizzazione e il funzionamento della scuola, la progettazione, le strategie didattiche degli insegnanti nonché le politiche scolastiche. 

L’obiettivo per l’autoanalisi è la raccolta di dati utili per valutare l’andamento dell’Istituzione Scolastica e predisporre un piano di miglioramento che coinvolga famiglie, alunni e personale scolastico nel processo formativo ed educativo in linea con il PTOF.

Le analisi di clima sono un momento di diagnosi per valutare la salute della propria organizzazione, ma sono soprattutto uno strumento per la terapia di eventuali disfunzioni. Intervenire sul clima, infatti, non significa assumere farmaci particolari, ma richiede di dedicare più attenzione alla comunicazione, alla circolazione delle informazioni e alla verifica del consenso circa il significato di queste informazioni.

“Alle singole istituzioni scolastiche spetta la responsabilità dell’autovalutazione, che ha la funzione di introdurre modalità riflessive sull’intera organizzazione dell’offerta educativa e didattica della scuola, per svilupparne l’efficacia, anche attraverso dati di rendicontazione sociale o emergenti da valutazioni esterne” così recitano le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione 2012.

Quindi continuare a cooperare tra dipendenti è cosa importante, partecipare alla vita organizzativa è  uno stimolo a fare sempre meglio proprio come prevede la legge sull’autonomia scolastica. Il soggetto che quotidianamente affronta il proprio lavoro deve percepire serenità nell’ambiente in cui opera e la considerazione che gli viene attribuita è per lui un continuo premio ed incentivo per continuare a svolgere le proprie mansioni. Sfruttando al meglio l’autonomia che la scuola possiede sicuramente l’intero Stato può trarne giovamento.

Ferramosca Mavi: Docente di scuola primaria dal 2001. Laureata in Filosofia V.O.  presso l’Università degli Studi di Lecce e  DEC-Dirigenza e Coordinamento dei Servizi Scolastici, Formativi e Sanitari- presso l’Università degli Studi di Tor Vergata Roma. Specializzata nel Sostegno Didattico presso l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Conseguito Corsi di Perfezionamento e Master Post Laurea. Membro dello staff direttivo del proprio istituto.

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