2020: cronache da Bedrock

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Ho incontrato in questa lungo percorso di insegnamento molti docenti entusiasti rispetto alla propria professione e desiderosi di sperimentare, ma ho incontrato in uguale percentuale docenti statici, terrorizzati di fronte ai cambiamenti, anche tra i colleghi più giovani che imitano un modello di insegnamento superato, costituito da lezioni frontali e compiti a casa.

 Mi sono chiesta spesso cosa spingesse questi docenti a riprodurre un modello obsoleto, ma non è stato facile dare una risposta. Perché giovani insegnanti, freschi di università ripetono l’imprinting pavloviano, ricevuto nella loro carriera scolastica? Perché non ascoltano le necessità dei loro studenti, da cui li separano pochi anni? Perché non cercano  il cambiamento o propongono nuove strategie di approccio alle discipline?

Sono partita da queste domande per capire quale potesse essere il ruolo del docente nella scuola del nuovo millennio, dove e come avrebbero potuto agire i docenti per sfruttare le possibilità dell’autonomia scolastica. Ho cercato di analizzare la realtà che vivo quotidianamente per trovare le risposte ai miei stessi quesiti. 

Mi sono resa conto che un mix di lacune hanno portato questa staticità: la mancata conoscenza della normativa, il ruolo  del dirigente scolastico, la carenza di motivazione e Dante.

Avrei potuto citare Ulisse, Virgilio, Stephen Hawking, scomodare Maria Montessori o Don Milani, ma la mia intenzione è far capire che mancano curiosità e desiderio da parte di tutte le componenti della scuola. 

Siamo abituati a riproporre anno dopo anno lo stesso programma e utilizzo la parola programma perché i docenti si confrontano ancora con questo termine, dimenticandosi gli studenti che hanno di fronte, la nuova generazione: belle “teste”, mille stimoli e approcci diversi ai saperi. 

Di fronte a questa mia affermazione, tra i lettori della rivista, si solleverà un coro di proteste perché ognuno penserà a quello che fa e sarà convinto di aver aiutato il cambiamento. Ma quanti sono i docenti che studiano, ricercano, si formano e si battono per introdurre novità all’interno del proprio collegio? Novità nell’offerta formativa, nelle metodologie didattiche, nella rimodulazione degli ambienti di apprendimento?

Ancora troppo pochi. Inoltre, mancano i soldi, gli spazi, gli strumenti, la volontà del dirigente e dei tanti, troppi colleghi che spesso durante il collegio controllano l’orologio e sbuffano di fronte a un nuovo intervento.

Lavorare in questo contesto è come vivere nel mondo de “Gli Antenati”, nella ridente cittadina di Bedrock dove insegna il professor Flinstones

Questo professore teme di non poter finire il programma, senza ricordarsi che non ha più un programma, ma delle indicazioni nazionali, dei profili in uscita; ha paura di perdere le ore di lezione e allora si oppone a qualsiasi uscita didattica, non strettamente necessaria, agli interventi degli esperti esterni o impone relazioni sulle attività solte a cui mettere voti. 

Ebbene sì, il professor Flinstones  mette i voti e chiede quanti ne deve mettere; come un bravo ragioniere compila il registro, ahimè elettronico, e diligentemente prepara un bilancio, ma non delle competenze dei suoi studenti, un bilancio di assenze, ritardi, voti inseriti, medie matematiche, giustificazioni e verifiche da recuperare per raggiungere l’agognata sufficienza.

In nome della libertà di insegnamento, senza rendersi conto della differenza tra libertà di insegnamento e didattica, procede con belle lezioni frontali e pensa di insegnare Dante ai suoi nuovi studenti che, dietro lo zaino sul banco, nel migliori dei casi, chattano con i compagni o la mamma, e nel peggiore, seguono sfide a Fortnite.

Dopo aver impartito le sue belle lezioni di vita dantesca, passa alla parafrasi del testo e alla sua analisi, convinto di essere moderno perché intermezza con una video lezione di Benigni che ormai per i nostri studenti con deficit attentivo è troppo lunga. 

Assegna lavoro a casa e fissa una bella verifica senza mai chiedersi cosa possa aver interessato lo studente. In questo suo percorso il professor Flinstones è convinto di essere nel giusto: ha trasmesso le sue conoscenze, la classe era attenta, le verifiche sono andate nel complesso bene, le insufficienze sono causate dalla mancanza di studio dello studente. Il professor Flinstones non si pone delle domande, nemmeno di fronte agli studenti che palesano il loro disinteresse e lo provocano con atteggiamenti di sfida. Il professor Flinstone non sa che Dante può essere insegnato attraverso l’esperienza, creando un gioco da tavolo sulla Divina Commedia, durante una gara di debate o in modalità flipped o forse teme di perdere il controllo della classe o è semplicemente stanco. Il professor Flinstone a Bedrock era innovativo, ma oggi nel 2020 ha bisogno di certezze, di risposte, di colleghi che lo sostengano nel cambiamento, ma soprattutto che l’istituzione scolastica sia il luogo di questo cambiamento, senza troppa burocrazia, ricordandogli che lui stesso è il motore di tale rinnovamento che può solo far bene ai suoi studenti. 

Roberta Maietti, milanese doc , laureata in lettere moderne , con la specializzazione in Comunicazione sociali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è  docente di lettere dal 1990. Attualmente insegna all’Istituto Professionale di Stato  “L. Milani” dove, dal 2001, ha ricoperto numerosi incarichi: Referente Progetto salute, commissione formazione classi, commissione orario, coordinatore di classe, Funzione strumentale all’inclusione alunni stranieri, Funzione strumentale all’orientamento, membro del CdI, esperto interno, valutatore e coordinatore Progetti  Pon Fse, ed è, ad  oggi,  primo collaboratore del Dirigente Scolastico. 

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