Gli ambienti di apprendimento e l’inclusione

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 I lavori svolti negli ultimi anni dall’OCSE, dalla Commissione europea, da European Schoolnet, dall’Indire, con i filoni di ricerca e progetti nazionali “I modelli 1+4 spazi educativi” e “Creative Classrooms Lab” hanno sostenuto studi e progetti sperimentali

volti a indagare nuovi modelli di spazi di aggregazione, atti a superare il tradizionale concetto di aula, per ridefinire le caratteristiche di un nuovo ambiente di apprendimento.Esiste una stretta relazione tra gli ambienti di apprendimento, configurati come uno spazio interattivo, flessibile e polifunzionale, pensato per rispondere a bisogni differenti e facilitare attività didattiche diversificate e l’utilizzo di nuove metodologie, che incoraggiano l’assunzione di ruoli attivi da parte degli studenti. Problem solving, cooperative learning, problem based learning, flipped classroom,  attivano strategie di accoglienza, ascolto ed apertura, soprattutto a favore dei più fragili, mettendo in moto metodologie a carattere sociale, di matrice pragmatica, che hanno lasciato una grande eredità alla odierna pedagogia.Una scuola inclusiva, infatti, è attenta ai bisogni formativi dei suoi studenti, che sono differenti e comprendono, oltre la disabilità certificata, gli altri bisogni educativi speciali, quali i disturbi specifici dell’apprendimento e situazioni svariate, anche legate a condizioni di svantaggio socio –  economico e linguistico. La vera mission  è guidare “tutti” gli alunni alla costruzione del proprio “progetto di vita”, partendo da approcci hands- on, dall’utilizzo di metodologie laboratoriali, da azioni innovative orientate al futuro, visione rispecchiata e raccomandata dal Piano Nazionale Scuola Digitale.

Il documento sottolinea, infatti,  la necessità di una visione sostenibile e collaborativa di scuola, in un’ottica di riconfigurazione funzionale degli ambienti di apprendimento, accompagnata dal potenziamento e dalla rivisitazione dei laboratori scolastici.  Pertanto, l’aula rigidamente strutturata, che presenta un setting tradizionale per logiche di insegnamento uno – molti, deve necessariamente cedere il passo ad  un’ area interattiva, flessibile e polifunzionale, pensata per rispondere a bisogni differenti e facilitare attività didattiche diversificate. E’ naturale che in caso contrario, l’ambiente rimane ostile a qualsivoglia forma di cambiamento. In tal senso è importante considerare la  necessità di concepire gli arredi come veri e propri strumenti funzionali alla didattica e in grado di garantire un buon livello di vivibilità all’interno della scuola.  Anche la comunità pedagogica riconosce agli spazi propedeutici agli apprendimenti attivi e laboratoriali  un’evidenza pregnante nel processo di insegnamento – apprendimento, dimostrando che esiste un forte nesso tra quest’ ultimo e l’ambiente nel quale il processo si realizza (embodied cognition design)  e che il primo è strettamente correlato al comfort ed al benessere dei soggetti coinvolti, che condizionano i comportamenti sia di docenti che di discenti. Gli spazi diventano così “spazi aperti”, perché la didattica laboratoriale non sia considerata solo luogo, ma una metodologia che mira alla cultura della scoperta, della sperimentazione e del benessere, nel rispetto delle differenze e della pluralità dei linguaggi.

In tal senso, mi è apparsa significativa l’esperienza di alcune scuole, che hanno avviato un processo di progettazione partecipata con gli studenti, per modificare gli spazi informali situati in alcune zone dell’edificio, utilizzati esclusivamente come spazi di connessione. La partecipazione degli alunni ha contribuito a rivalutare la didattica, come occasione di sviluppo delle potenzialità dell’individuo, superando gli stereotipi di un approccio meramente trasmissivo.E ritengo che sia questa la  direzione per promuovere un apprendimento significativo, che coinvolga la persona tutta, integrando ciò che si apprende a scuola, con l’ambiente in cui lo studente vive e con i relativi mutamenti culturali e socio-economici.

Carmen Maria Sauzullo, napoletana, attualmente docente di scuola primaria, abilitata all’insegnamento di diritto ed economia, dopo aver superato pubblico concorso. Laureata in giurisprudenza presso l’Università Federico II, consegue il titolo di avvocato, professione che esercita. Consegue Master di II livello in La  nuova figura istituzionale della dirigenza scolastica e formazione specifica di intercultura e internazionalizzazione attraverso italiano L2. Ha assunto vari incarichi di funzione strumentale nella propria scuola, di componente del Nucleo di Valutazione, ricopre da anni il ruolo di componente del Consiglio di Istituto, di RSU, di componente Comitato di valutazione. Ama le lingue straniere, ha conseguito certificazioni in lingua inglese e portoghese. Nel proprio curriculum vanta molteplici esperienze formative indette dal Miur e corsi di formazione sui disturbi specifici dell’apprendimento.    

 

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