“Uno, nessuno e centomila”: identità individuali e sociali fluide.

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Nell’ultimo periodo, l’avvento della tecnologia e dei social media ci ha fatto molto riflettere su svariati temi legati alla sfera antropologica e alla relazione che intercorre tra l’essere umano e i maggiori mezzi di comunicazione. Una delle tematiche più affrontate, che ha scaturito un grande interesse e creato maggiore dibattito è quella dell’identità, in particolare quella digitale.

 Secondo l’enciclopedia Treccani, con l’espressione identità digitale si intende “l’identità costruita da un utente presso comunità virtuali online, spesso di tipo ludico, focalizzata su una dimensione virtuale, contrapposta a quella reale […]”. Inoltre, si sostiene anche che “Internet è stata celebrata come il luogo utopico di uno spazio sociale, dove età, genere ed etnia risulterebbero infinitamente riscrivibili, consentendo al soggetto di sperimentare forme postmoderne di identità fluida e multipla”.

La tecnologia offre infatti la possibilità di superare il confine che esiste tra fantasia e realtà, cioè tra virtuale e reale. In questo modo, gli individui hanno l’opportunità di creare le proprie identità online, facendo riferimento alle loro aspettative e desideri. Infatti, hanno la possibilità di costruirsi un’identità diversa, attraverso l’utilizzo di molteplici risorse messe a disposizione dalla rete. 

Già Matviyenko, nel 2010, riteneva che il mondo digitale permettesse agli utenti di mettere in atto due processi: la ri-definizione dell’identità e la ri-creazione del sé. Con l’avvento del mondo digitale, l’identità individuale è formata sia da un sé reale che da uno virtuale, che rappresentano aspetti differenti della personalità di ciascuno. Questo avvento delle tecnologie emergenti e dei social media ha portato allo sviluppo del fenomeno associato allo sdoppiamento dell’identità dell’individuo.

Concetto peraltro già introdotto da Pirandello che, nel suo romanzo “Uno, nessuno e centomila”, pubblicato nel 1926, aveva tentato di dimostrare quale fosse la vera realtà dei fatti, teorizzando che viviamo in una realtà soggettiva in cui ciascun individuo non può mai essere considerato uno, bensì centomila, in quanto molto spesso maschera la propria identità e modella e modera il proprio comportamento a seconda delle diverse circostanze in cui si trova, come se indossasse ogni volta una maschera diversa. 

Ai giorni nostri, questa “teoria” può essere adattata ai media digitali del nostro secolo che ci danno la possibilità di creare un profilo personale sui vari social network in cui siamo liberi di scegliere chi essere, noi stessi o un’altra persona. Molte volte succede che alcuni utenti, come ad esempio i blogger, preferiscono di gran lunga utilizzare uno pseudonimo per sentirsi più liberi di esprimere le proprie idee, la propria personalità e, in un certo senso, anche proteggere la propria reputazione. 

Si può dire quindi che l’uomo sia caratterizzato principalmente da due tipi di identità, una individuale e una sociale. La prima tipologia di identità comprende un insieme di azioni, sentimenti e anche comportamenti che ogni individuo sente propri e che caratterizzano la sua personalità, mentre quella sociale si crea a seconda della stima e della reputazione che l’individuo acquisisce all’interno di una società. In altre parole corrisponde all’idea che le persone si sono fatte di lui. È necessario ricordare che nella società in cui viviamo ogni individuo è solito costruire la propria identità sociale soprattutto in base al modo in cui vuole apparire e spesso alle aspettative che gli altri nutrono su di lui.

Per questo motivo gli autori Nagy e Koles nel 2014 hanno provato a costruire un modello concettuale riguardante l’identità virtuale, che viene descritta come un costrutto multidimensionale formato da tre livelli: individuale, micro e macro. Il livello individuale è costituito dagli avatar che rappresentano il veicolo attraverso cui comunicare con gli altri e possono essere considerati l’incarnazione del sé nel mondo virtuale. Attraverso gli avatar vengono definiti lo spazio individuale e i confini tra le persone. I micro e macro livelli includono invece gli script narrativi, l’intimità e la comunità virtuale, la cultura. 

Queste componenti collegano gli individui all’ambiente digitale nel quale sono inseriti. La percezione di sentirsi parte di un gruppo all’interno del mondo virtuale rappresenta il primo passo per considerarsi un membro di una comunità online più estesa. Le comunità virtuali forniscono, agli individui che ne fanno parte, dei feedback sociali, promuovendo il loro senso di adesione. Solitamente le persone cercano di instaurare delle relazioni online nel momento in cui si rendono conto che i rapporti reali non sono soddisfacenti come vorrebbero. Tuttavia, gli individui considerano vere le nuove conoscenze nel mondo digitale e molto spesso ritengono i partner conosciuti sul web più divertenti rispetto a quelli reali. 

Il concetto di identità si è inevitabilmente modificato ed evoluto con il passare del tempo e questo cambiamento può sicuramente essere associato a due fattori, ovvero la crescita dell’individuo e la trasformazione della società stessa, che hanno portato alla nascita di quella che viene definita identità online o digitale. In merito al tema del cambiamento, Bauman ha tentato di dare una spiegazione di questo aspetto utilizzando la metafora della “modernità liquida”, ovvero una società caratterizzata dalla perdita delle certezze di quella definita “solida”, per lasciare invece spazio a una vita che è sempre più mutevole e frenetica. Questo concetto ha portato allo sviluppo dell’idea di un’identità fittizia “usa e getta”, ovvero che viene costruita di volta in volta a seconda delle situazioni in cui si trovano gli individui, come succede nei social network.

L’identità digitale trova la sua massima estremizzazione nella figura dei cosiddetti “nativi digitali”, espressione coniata da Prensky nel suo articolo “Digital Natives, Digital Immigrants” del 2001, per indicare un gruppo di persone, per lo più adolescenti, che molto spesso basano la loro esistenza solo sulla vita online, dimenticando che cosa sia la privacy e l’importanza del mondo al di fuori dello schermo. 

Una delle conseguenze dirette associate a questo fenomeno è la creazione, da parte degli utenti, di queste false identità all’interno dei social network come Facebook, Instagram, ecc., dietro i quali a volte si nasconde molto di più di un semplice scherzo. Molto spesso i ragazzi, e non solo, utilizzano profili falsi per nascondere problemi più gravi come l’insicurezza, la timidezza e la poca stima di sé stessi, che li portano ad avere paura della realtà dei fatti e di dire la verità e di conseguenza preferiscono nascondersi dietro ad una bugia.

In conclusione, è importante ricordare che in realtà il mondo virtuale ed il mondo reale nel quale vive un individuo devono essere considerati entrambi come parte di un’unica realtà personale, all’interno della quale non risulta sempre facile scindere le due componenti. Questi due mondi non devono mai essere visti come due cose separate, ma due parti di un’identità unica che ha tante diverse sfaccettature…una, nessuna e centomila.

Che fare quindi? In considerazione di quanto detto, è necessario intervenire, il prima possibile, nell’empowerment di tutte le componenti sociali attraverso investimenti continui nell’in-formazione; facendo rete con le famiglie, istituzioni, Enti Locali, associazioni del territorio, sollecitando un dialogo costruttivo incentrato su valori realmente identitari della società; promuovendo nei ragazzi una cittadinanza digitale responsabile. Si rafforza così il concetto di “comunità educante”, di tutte le componenti, volta a promuovere un modello educativo capace di sviluppare nei ragazzi responsabilità, senso critico, autonomia e consapevolezza dell’uso dei social media… e la scuola può fare molto.

Barbara Letteri goriziana di nascita, vivo e lavoro a Sassari. Docente nella scuola primaria a tempo indeterminato dal 1994. Laureata in Pedagogia e Psicologia, con specializzazione in Psicologia delle Organizzazioni e delle Risorse Umane. Componente Equipe di lavoro, ricerca nazionale e referente regionale Sardegna ONSBI-Osservatorio Nazionale Salute e Benessere degli Insegnanti- LUMSA di Roma. Libera professionista e formatrice. Esperta in progettazione e realizzazioni percorsi didattici con l’utilizzo delle TIC per il CRS4 Sardegna. Tutor Universitario per laboratorio Tecnologie per la Didattica TFA sostegno e Professore a contratto Facoltà di Scienze Umane Università degli Studi di Sassari. Collaboratore vicario del DS dal 2001/2002 al 2015/2016. Attualmente referente bullismo e cyberbullismo, Master Teacher e Animatore Digitale, componente commissioni PTOF, PdM, RAV, Pari Opportunità e NIV, responsabile Sportello d’Ascolto psicologico IC Pertini Biasi di Sassari. Componente esterno Comitato valutazione dal 2015 con rinnovo per questo triennio. Formatrice INDIRE neo assunti dal 2004. Collaborazione esterna, per progettazione ambienti per la didattica, nella Spin off universitaria TaMaLaCà, Università degli Studi di Sassari Facoltà Architettura di Alghero dal 2005.

 

 

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