Si riparte … oltre il Covid! 

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Questo numero apre l’inizio delle nostre pubblicazioni e porta con sé tanta rabbia, una rabbia  consapevole che ci spaventa perché sono passati tanti mesi e ci ritroviamo qui ancora a parlare di  covid-19. 

 

Sono crollate tutte le nostre certezze: il diritto alla salute, la libertà di spostamento, il diritto all’  istruzione, le relazioni sociali ed affettive e un senso di angoscia e sgomento legato al futuro ci assale.  Sta nascendo una nuova Umanità che deve rimodularsi e formulare riflessioni su possibili scenari  futuri. 

Il giornalista Giulietto Chiesa afferma che siamo in un mondo interrotto, dove la democrazia è  sospesa.E’ importante per prima cosa migliorare la comunicazione al popolo, per non trovarci in una  condizione dove non si potrà più agire. Bisogna partire dal dialogo e comprenderne il suo intrinseco  valore. 

Per il filosofo Aldo Masullo il dialogo prima ancora che parlare in due, è pensare in due, cioè pensare  insieme. Il pensare insieme è come un viaggio verso qualcosa che non è possibile raggiungere e  conoscere da soli, il dialogo si compone di parole, ma vive prima ancora di ascolto, quindi di silenzio.  L’ ascolto però si compone anche di apertura, condivisione, accettazione di un’altra visione delle cose  con la disponibilità a cambiare idea e a cercare quella verità che è bene comune. 

Il dialogo si arricchisce con la cura delle parole come cura di sé e degli altri. Attraverso la filosofia  ogni uomo può esercitare la sua umanità per comprendere meglio non solo se stesso ma anche il  rapporto tra sé e il mondo, tra sé e gli altri…un “conosci te stesso” di stampo socratico. 

E attraverso tutto ciò, si arriva alla responsabilità reciproca e all’ interdipendenza che non sono più  solo parole prive di significato ma una dolorosa verità di cui tenere conto nella nostra vita quotidiana.  Il Covid-19 è stato, in questo, un insegnante severo... 

Con le imposizioni di provvedimenti utili e necessari a fronteggiare l’emergenza sanitaria si sta  assistendo ad un’ondata di violenza che sta caratterizzando i nostri tempi, una sorta di nichilismo  che un po' alla volta si sta impadronendo di tanti giovani. Il nichilismo moderno svuota le loro vite,  taglia i legami con il passato e li spinge a sottrarsi ad ogni regola, anche quelle più elementari di  umanità, perché non ne ravvisano il senso.  

Tutto questo riporta ad un’emergenza educativa, dove l’educazione è il termine più ricco di istruzione.  La sua etimologia riporta alla necessita di “tirar fuori” ciò che di buono c’è nell’ allievo. È un processo  complesso che richiede una grande disponibilità da parte degli educatori a rischiare, a farsi rispettare  e amare toccando quel punto infiammato che c’è nella mente e nel cuore di ogni individuo in  formazione. 

Il degrado progressivo del nostro sistema educativo, attraverso la sua burocratizzazione sottoposta ad  una frenesia inconsulta di riforme e di continui aggiustamenti di quelle già fatte, di svalutazione del  ruolo dei professori e della loro autorità, di dispersione scolastica sempre più fuori controllo, si sta  manifestando davanti ai nostri occhi già aggravato dall’ emergenza pandemica che stiamo  attraversando.

Il declino dell’istruzione è andato di pari passo al declino del paese, non c’è più alcuna missione da  assolvere, si è circondati da un totale disinteresse dell’ opinione pubblica. Ecco allora che diventa  importante lo sguardo al passato come trasmissione di valori, di principi e di conoscenze, con la  valorizzazione della continuità culturale, attraverso la quale ogni cittadino si sente erede e parte  integrante di una società. 

Per costruire una valida idea di futuro, in un momento di grande incertezza come quello che stiamo  vivendo, bisogna ristabilire un’idea di passato acquisendo consistenza storica. Un aiuto arriva dallo  studio delle materie umanistiche cioè delle Lingue Classiche, della Storia, della Filosofia le quali  possiedono una caratteristica che le rendono uno strumento prezioso per la crescita intellettuale e  culturale. 

Esse sono inutili, perché non si prestano ad alcun utilizzo pratico ma proprio per questo, sono il luogo  ideale per addestrarsi ai concetti astratti e alle idee generali. 

In questo rapporto con il passato la scuola ha tratto anche la sua autorevolezza che ha giustificato e  legittimato il suo principio di autorità. Tale principio è motivo di diffidenza e rifiuto poiché si basa  sull’ errata equivalenza formata nel senso comune: poiché la violenza è lo strumento più idoneo per  spingere gli esseri umani all’ obbedienza, e l’obbedienza è un effetto tipico dell’autorità, se ne  conclude che la dimensione dell’autorità incarni in sé un aspetto della violenza. 

Invece si può sostenere esattamente il contrario.  

Un aspetto dell’autorità è quello di ottenere l’obbedienza, visto come un atteggiamento di consenso  e fiducia, senza ricorrere ad alcun comportamento violento. L’ obbedienza si esprime a causa del  riconoscimento che l’autorità ha con il passato ed esattamente, con la tradizione. 

Ciò si esprime nella relazione docente - allievo, dove l’insegnante durante la lezione riesce attraverso  il proprio sapere ad imporsi in modo avvincente alla mente e all’ animo dei propri allievi. E lo studente  è consapevole di questo legame destinato a produrre un sentimento di ammirazione e rispetto verso  l’insegnante.  

Questa è l’autorità su cui si fonda la scuola, basata sul sapere accumulato nel tempo che viene  trasmesso con pazienza meticolosa anche lì dove gli effetti pratici di una organizzazione post Covid  sembrerebbe minarne le basi. 

Nelle classi si assiste ad un gioco del silenzio perenne, neanche il rispetto della distanza di un metro  tra le “rime buccali” degli studenti garantisce l’abbassamento dei dispositivi di sicurezza, colpa di un  clima d’ ansia scaturito dalla diffusione del virus. 

Le nuove regole hanno cambiato radicalmente la didattica, riducendone al minimo la socialità che  rappresenta l’elemento cardine per la costruzione del sé. Nelle classi si assiste ad un gioco del silenzio  perenne, le mascherine impediscono la lettura dell’espressività del viso, che è la prima forma di  linguaggio che si impara. Ma di contro si sta assistendo ad una accelerazione di processi innovativi  attesi da anni, come la didattica digitale, capace di raggiungere ogni alunno isolato. 

La sensazione generale è che siamo tutti protagonisti di un’impresa collettiva di dimensioni storiche dove ognuno è chiamato a contribuire individualmente poiché nessuno si salva da solo!

Rosalia Rossi (10/07/1965) napoletana, docente di Storia e filosofia. Laureata in Pedagogia con 110 e lode consegue Master Europeo di II livello in Mediazione e gestione dei conflitti. Interessata alle dinamiche sociali e relazionali, si forma come Counselor, Mediatrice familiare ed esperta in PNL Basic Practitioner. Esperta in criminologia clinica. Ha assunto incarico di collaborazione e tutor con l' Università degli studi di Napoli "Suor Orsola Benincasa"; ha partecipato al forum mondiale della Mediazione al Centre de Congres La Regent a Cras Montana con stages in Spagna e Svizzera sulle tematiche della mediazione  del conflitto nei Paesi Europei. Relatrice a corsi di formazione per adulti su " Comunicazione e conflitto". Ha ricoperto per quattro anni il ruolo di collaboratore vicario, componente Consiglio D 'Istituto e del Nucleo Interno di Valutazione. Ha ricevuto encomio dal Dirigente Scolastico per l'eccellente lavoro di collaborazione svolto presso il proprio Istituto.

 

 

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