Leggere il passato per costruire il futuro…una anteNnata della DAD  

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Il libro bianco della Cresson (1995) Insegnare ed apprendere-verso la società conoscitiva raccoglie gli orientamenti della Comunità Europea sull’educazione e sulla formazione e sottolinea: “L’ amnesia storica si paga socialmente con la perdita di riferimenti e punti di incontro comuni”.

Già allora si parlava di mondializzazione degli scambi, società dell’informazione, progresso scientifico e tecnologico. Si ipotizzavano i cambiamenti prodotti da questi fenomeni in seno all’impresa e le conseguenti tipologie di lavoro derivanti. A scuola, pertanto, si profilavano nuove forme del sapere così come nella vita di tutti i giorni si modellavano diversi stili comportamentali. La Cresson immaginava una società capace di investire nell’intelligenza, una società in cui si insegna e si apprende, in cui ciascun individuo può costruire la propria qualifica. In altri termini, una società conoscitiva dove bisognava dare impulso allo sviluppo della cultura generale, come funzione di base della scuola, facilitare la mobilità sociale e l’attitudine all’occupazione attraverso l’accesso alla formazione nell’arco di tutta la vita.Da questa premessa, appare ovvio ricordare la mission, lo scopo della nostra scuola, che implica, prima di tutto, di considerare il diritto allo studio e le normative ad esso correlate come un punto di partenza e come un valore irrinunciabile da seguire. Di fatto la Costituzione, nell’art. 34 afferma che: La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita, e richiama alla Repubblica il compito di “garantire a tutti, ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi”.

 Nell’art. 3 emerge la Responsabilità della Repubblica nel “rimuovere gli ostacoli che, di fatto   impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Durante gli anni 50/60 lo stato italiano, reduce da due conflitti mondiali che avevano fatto sprofondare il Bel Paese nel buio, consapevole di dover ripartire risollevando anche l’aspetto educativo-formativo cercò, pertanto, di rispondere all’art. 3 indirizzando le “risorse disponibili” ad azioni volte a garantire il diritto allo studio e ad intercettare le categorie più deboli per colmare il rischio di un dilagante analfabetismo. Grazie a questa dose di fiducia, che segnò una svolta decisiva nel mondo della scuola, ci fu una rapida ripresa e si avviarono alcune pregevoli iniziative orientate a ridurre i disagi sociali e a sostenere le persone meno abbienti. Non a caso nel 1960, il maestro Alberto Manzi debuttava in TV con il suo programma «Non è mai troppo tardi»; un corso di alfabetizzazione rivolto principalmente a “studenti più grandi” che, per motivazioni differenti, non potevano seguire in presenza e in modo regolare le scuole. 

 Questa esperienza, è stata ampiamente documentata, ma forse è opportuno rileggere uno stralcio di un articolo contenuto nella rivista Cultura e scuola n.1 (1961) che riporta una descrizione ben dettagliata di un esperimento di Telescuola organizzato dalla RAI-TV in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione. Riporto fedelmente le parole scritte in questo contributo dal quale si possono ricavare numerosi spunti per comprendere il passato e per riflettere sulle trasformazioni avvenute in un arco di tempo relativamente breve nel mondo della scuola.«Nella primavera del 1958 la Rai-TV propose al Ministero della P. I. un esperimento di lezioni televisive che dovevano essere concepite non come trattazioni di argomenti particolari per l'integrazione dei programmi scolastici in vigore, ma come un corso continuativo rivolto alle persone (in età scolastica o adulte) residenti in piccoli centri privi di scuole secondarie o comunque impossibilitate, per ragioni di lavoro o per altri motivi, a frequentare le scuole secondarie esistenti nella loro residenza. 

[…] Appare dunque chiaro che l'iniziativa partì dalla RAI-TV e occorre aggiungere che il Ministero della Pubblica Istruzione, contrariamente a quanto alcuni pensarono e scrissero, non ha speso per questo una lira, essendosi l’ente radiofonico e televisivo accollate tutte le non indifferenti spese. È altrettanto manifesto che Telescuola, nonostante il suo nome forse non perfettamente felice, non sorgeva come scuola regolare in concorrenza alle scuole esistenti, statali o private, ma si proponeva di venire in aiuto di quanti non avessero la possibilità di frequentarle, di favorire insomma, l'auto-preparazione di coloro che, pur non potendo affrontare la spesa degli studi fuori sede, veramente volevano imparare, sia per migliorare la loro istruzione, sia per presentarsi come privatisti agli esami presso una delle scuole viciniori e conseguire in tal modo un titolo di studio.Insistiamo su questo aspetto del problema perché chiarisce la vera natura di Telescuola. 

 Nei piccoli centri rurali mancava ai volenterosi, tranne rare eccezioni, qualsiasi aiuto per riprendere o continuare gli studi dopo la licenza elementare e solo pochissimi sarebbero stati in grado di affrontare e risolvere il problema con le loro solo forze. Telescuola si proponeva di venire loro in aiuto con lezioni ben fatte, concepite e attuate in un certo particolar modo, con appositi libri di testo, anch'essi pensati e redatti per allievi privi di ogni altro aiuto, e con la correzione di compiti scritti da inviare a Roma.A questo punto aggiungasi l'assoluta gratuità di Telescuola che non ha mai richiesto alcun contributo ai suoi uditori all'infuori del modestissimo costo dei libri di testo. Non sfuggiva affatto ai funzionari ministeriali, incaricati di studiare con quelli della RAI, la situazione di Telescuola che si trattava di un esperimento in particolarissime e non facili condizioni e che quindi occorreva disporlo in modo da evitare al massimo gli inconvenienti e valorizzare il più possibile le immense possibilità che il mezzo televisivo offriva. E poiché non era evidentemente pensabile che si potesse attuare un orario scolastico uguale o simile a quello delle scuole regolari, questo fu il primo problema da affrontare. Fu deciso, dopo ampie discussioni, di assegnare due mezz’ore settimanali a ciascuna materia di studio. Anche da questo particolare risulta manifesto che Telescuola non si poneva come una scuola vera e propria accanto alle altre e che le sue lezioni intendevano costituire spunti, sollecitazioni, dimostrazioni di metodo che l'uditore avrebbe dovuto integrare con i libri di testo e col suo personale lavoro. 

Grande importanza acquistava pertanto l'impostazione didattica delle lezioni perché fossero quanto più possibile stimolanti ed efficaci. In mancanza di qualsiasi precedente in materia, tanto in Italia quanto all'estero, dove l'utilizzazione della televisione era stata fino ad allora puramente sussidiaria) si dovette studiare accuratamente questo problema il rapporto con i libri di testo che, nel frattempo, erano stati redatti dagli stessi insegnanti incaricati delle lezioni. Questi a loro volta erano stati scelti tra i professori delle scuole di avviamento e medie di Roma forniti di determinate doti e attitudini. I libri furono concepiti, come si è detto avendo di mira allievi che per gran parte avrebbero dovuto lavorare da soli e furono scritti in modo che fossero di chiara esposizione e fornissero spunti di lavoro individuale. Ma ben presto ci si accorse che il problema cruciale era quello della trasposizione televisiva delle lezioni, dato che il mezzo e lo scopo, non potevano essere quelle medesime della scuola regolare.

 Bisognava evitare la pura trattazione cattedratica e fare in modo che il materiale illustrativo contribuisse effettivamente all'efficacia della lezione la quale doveva essere quanto più possibile “attiva” e attivizzante. A questo scopo si volle che fosse presente una classe campione, composta di 5 alunni forniti da alcune scuole di avviamento, ragazzi appena usciti dalla quinta elementare, “allo stato puro”. La loro presenza avrebbe dovuto servire, e infatti servì, non solo a permettere agli insegnanti di rendere più attive le lezioni ma anche a fornire un appoggio e un appiglio agli uditori lontani che negli interventi, nelle risposte, nelle incertezze e negli errori degli alunni presenti avrebbero ritrovato come lo specchio di se medesimi. In breve, diremo che si cercò di adottare, per quanto era possibile, i criteri didattici che avevano guidato le classi cosiddette di osservazione.  Occorreva inoltre che gli insegnanti si impratichissero nell'uso, del tutto particolare, del materiale visivo messo a disposizione con larghezza dalla Rai-TV e chi si abituassero a muoversi con cautela e con disinvoltura nei limitati e complicati spazi degli studi. […] E su queste basi l’esperimento partì e sorsero molti posti di ascolto.[…]Nei confronti dei destinatari Telescuola ebbe subito un effettivo successo. 

 […]All’ estero l'esperimento suscitò grandissimo interesse e in parecchi Congressi di cinematografia e televisione educativa le lezioni registrate di Telescuola e l'esposizione del sistema didattico e organizzativo furono seguiti con la massima attenzione e parecchi esperti internazionali sono venuti in seguito a Roma a studiare sul posto la situazione dell'esperimento italiano». È andato tutto a gonfie vele a Telescuola, il primo anno e gli anni successivi? (Franceschini Aldo: L’ esperimento di Telescuola Cultura e scuola Anno 1 n.1 ottobre 1961 pagg. 209-2013) A parte le problematiche emerse e raccontate dall’autore, occorre sottolineare che l’esperienza di Telescuola, non è nata per soppiantare il lavoro svolto in una scuola vera e propria. Tuttavia, sembra sia riuscita ad arginare condizioni critiche e bisognose ottenendo notevoli successi considerando che noi abbiamo ereditato non poco da tale periodo storico e rappresentiamo una parte di popolazione frutto e testimonianza puri di quella esperienza di vita! 

Allora perché ricordare Telescuola? La pandemia del Covid19 è stata paragonata, spesso, ad una guerra combattuta contro un nemico sconosciuto e violento che ha stravolto le nostre più semplici attività quotidiane comprese le pratiche scolastiche. Ciò che resterà nella memoria, comunque, saranno tutte le nostre esperienze vissute, documentate e raccontate utilizzando i tanti mezzi di cui attualmente disponiamo.E per quanto riguarda la DAD? Quale il suo impatto? Nel futuro prossimo ricorderemo il digital divide, l’effetto wow delle tecnologie, le piattaforme, le nuove frontiere per le metodologie, la sicurezza informatica, tempi e spazi re-inventati, le continue “relazioni educative” avute a distanza? Resterà mitico anche il contributo dei “mantra”, degli emoticons e di tutti quei messaggi che, veicolati attraverso i social, hanno sostenuto l’intera azione della scuola suscitando grande ilarità e tanta energia? Ai posteri l’ardua sentenza!  

Lidia Nazzaro  Laureata in Pedagogia, abilitata per insegnamento alle scuole superiori II grado (classe A036) e dottoranda in Diritto, Educazione, Sviluppo. A seguito di vincita di concorsi, docente di scuola dell’infanzia, di scuola primaria e tutor tirocinio SFP. Vincitrice di due grant per visite di studio LLP/Erasmus+Esperta per la diffusione della cultura scientifica, ambasciatrice Scientix, tutor d’ aula, formatrice, si occupa pure di studi e dinamiche sul Gioco pubblico (in collaborazione OIG - SA) e di pratiche di filosofia dialogica.Ha conseguito numerosi master e perfezionamenti in vari ambiti (didattica TIC e media, DSA, dirigenza scolastica, storia ed intercultura…).

 

 

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