LA SCUOLA ITALIANA NELLE INDAGINI OCSE PISA

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Abbiamo scelto di dedicare le riflessioni di questo mese della nostra rivista ai dati pubblicati recentemente dell’indagine internazionale OCSE-PISA, che fa la fotografia delle performance delle studentesse e degli studenti di quindici anni in 80 Paesi dell’area OCSE rilevate nel 2018.

Era giusto e doveroso da parte di una rivista, che ha il suo focus sui problemi educativi e con tutti i redattori impegnati nella scuola militante italiana, esprimere riflessioni, valutazioni per spingere verso un’attenzione, non solo giornalistica sull’argomento, ma farla, anche, diventare un’occasione professionale per migliorare la scuola italiana.Le indagini annuali dell’INVALSI e quelle triennali dell’OCSE-PISA sono strumenti pensati non solo per fotografare le performance e le competenze degli studenti, ma per dare indicazioni ai decisori politici sulle iniziative da intraprendere per migliorare un servizio fondamentale di crescita culturale e sociale di un Paese e agli operatori della scuola, docenti, dirigenti scolastici e tecnici, di riflettere sulla didattica, sugli ambienti di apprendimento, sulla capacità di rimotivare il desiderio di apprendere delle nuove generazioni.

In giro per l’Italia per i meeting formativi che ho attivato, in questi mesi, per la preparazione al concorso per Dirigenti Tecnici è raro incontrare una docente che abbia discusso in collegio docenti dei risultati OCSE PISA; la stessa Conferenza dei Servizi del corpo ispettivo o il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, non hanno ritenuto opportuno dedicare una minima riflessione per  elaborare un documento per approfondire i dati emersi dall’indagine e suggerire al Miur e agli stessi collegi docenti piste di riflessione e letture funzionali al miglioramento del servizio scolastico.

I diversi risultati dell’indagine OCSE PISA 2018 sono stati abbondantemente presentati dai redattori nei vari articoli della rivista e mostrano, purtroppo, risultati complessivamente non soddisfacenti e che fanno gridare all’esistenza anche nella scuola italiana dell’annosa “questione meridionale”. I risultati OCSE PISA del 2018 assegnano alla scuola italiana un punteggio di 476 punti, vicino alla media OCSE di 487; tuttavia rivelano un sud a punti 439 che arranca rispetto alle performance degli studenti del Nord Est che si attestano su un punteggio di 501 punti. Mi permetto di ricordare come 30 punti delle rilevazioni OCSE -PISA equivalgano a un anno di apprendimenti.

Molti studenti del Sud, più che al Centro e al Nord, non raggiungono il livello minimo (2) di competenza e quindi vengono definiti Low performer.Anche una comparazione tra le performance delle studentesse e degli studenti dei diversi indirizzi di scuola fa registrare livelli insostenibili di disparità sociale. Gli studenti liceali raggiungono il punteggio di 521 punti, gli studenti degli Istituti Tecnici ottengono un punteggio di 458 punti e si precipita con le competenze degli iscritti agli istituti professionali che riescono appena a conseguire 395 punti.

Abbiamo, pertanto, studenti dei Licei che riescono a stare oltre la media degli studenti OCSE e studenti dei Professionali che raggiungono appena il 2 livello (low performance) nel 60 % della popolazione studentesca. Eppure i professionali hanno avuto due leggi recenti di riforma: il DPR 87 del 2010 e il Decreto Legislativo 61 del 2017. E lo stesso Sud e soprattutto le regioni dell’obiettivo convergenza (Puglia, Calabria, Campania, Basilicata, Sicilia) hanno avuto alcuni miliardi di finanziamenti (3 miliardi nella programmazione 2014/2020) per migliorare l’offerta formativa con il Fondo Sociale Europeo, per la infrastrutturazione con i Fondi Europeo per lo Sviluppo regionale e interventi contro la dispersione scolastica con i POR gestiti dalle Regioni.Lo stesso Sud può, inoltre, vantare la maggioranza di scuole innovative (459 su 800) appartenenti a gruppo di Avanguardie Educative, organizzate da INDIRE, che stanno facendo ottime sperimentazioni per innovare i processi di insegnamento apprendimento. Inoltre il 35 % dei docenti del Sud partecipa a percorsi di formazione in servizio superando la media italiana del 32 %.

L’incrocio di questi dati fa capire quanto sia complesso e difficile dare giudizi e indicare affrettate e semplici soluzioni: non è quindi solo questione di percentuale di PIL (0.89) investito nella scuola, meno delle media OCSE (1,48%). Le scarse performance sulla comprensione rispetto ai Paesi Ocse al top (Singapore, Cina) non dipendono solo dall’uso delle nuove tecnologie, come alcuni frettolosamente affermano, ma forse dalla scarsa capacità di elaborare inferenze quando leggiamo nuovi eventi e nuovi fenomeni per una scarsa cultura di base. La riduzione del patrimonio lessicale che ha registrato la perdita nel linguaggio corrente di circa mille parole negli ultimi dieci anni, ne è una classica dimostrazione.Una corretta lettura di queste problematiche necessita di incrociare recenti dati pubblicati da Invalsi con il monitoraggio Valu.E e dallo SVIMEZ  con la recente pubblicazione dal titolo “L’economia e la società del mezzogiorno”, che ci ha rivelato come  nel 2018, gli abbandoni prematuri della scuola nel Sud Italia sono stati il 18,8%, a fronte dell’11,7% delle regioni del Centro-Nord.

L’Invalsi ci ha rivelato come le scuole del Mezzogiorno vivano una dimensione di solitudine istituzionale in quanto il 30 % delle scuole ed in Campania il 38 % delle scuole non attiva accordi di rete con gli Enti locali o il privato sociale per un coinvolgimento nella progettualità didattica.Il successo dei risultati degli studenti del Nord Est dipende molto dalle sinergie che le Istituzioni pubbliche e private riescono a realizzare.I dati hanno allarmato giustamente il Ministero e in questi giorni ha promosso un “patto” con Anci, Ministero per le Pari Opportunità e la Famiglia per ridurre i divari territoriali e garantire a tutte le studentesse e agli studenti il diritto allo studio e alle pari opportunità, evitando che la collocazione territoriale della scuola incida sugli apprendimenti e sulle probabilità di abbandono degli studi da parte degli alunni. Il Protocollo d’Intesa tra i due ministeri e i Comuni, prevede un piano di intervento per la riduzione dei divari territoriali in istruzione in accordo con l’impresa sociale “Con i Bambini”.

Il Piano è partito da un’analisi, svolta con la collaborazione dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (Invalsi), sulle difficoltà di apprendimento degli studenti, con l’obiettivo di individuare le scuole destinatarie degli interventi e i fattori che influiscono sui divari nei risultati fra Nord e Sud.Accanto alle iniziative istituzionali, anch’esse molto importanti, è opportuno che la scuola individui una mission qualificata che punti alla personalizzazione, alla valorizzazione dei talenti per creare una scuola di qualità che sappia rimotivare le comunità professionali e gli studenti per rivalutare l’importanza della cultura per orientare le nostre Istituzioni e la nostra vita.

  

MARTANO LUIGI VIA CAMPO SPORTIVO 14- 73026 MELENDUGNO (LE) 368 581458 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.Laurea in Pedagogia- Abilitazione Insegnamento Materie Letterarie Scuole Superiori 2° grado - Dirigente scolastico per 28 anni nelle scuole del primo e secondo ciclo -Giudice Onorario Tribunale per i Minori - Incaricato dal Direttore Generale dell'Ufficio Scolastico Regionale per lo  svolgimento di quindici incarichi ispettivi presso le Scuole Paritarie - Componente Nuclei di Valutazione dei Dirigenti Scolastici della Puglia -Autore “Leadership per l’apprendimento”- Autore “Il Dirigente Scolastico-Authority territoriale del successo scolastico” -Autore “Una pedalata verso il successo” - Autore “ I care …per una scuola inclusiva”

   

 

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