Scuola e Famiglia in “connessione”

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Sin dagli anni ’90 una profonda rivoluzione digitale ha velocemente trasformato gli assi portanti della nostra società, proponendo e spesso imponendo alle nuove generazioni modelli e valori non sempre positivi; da qui l’esigenza di una stretta alleanza tra la famiglia e la scuola nella sfida-opportunità di educare e formare i cosiddetti “nativi digitali” verso un utilizzo delle nuove tecnologie che sia consapevole, responsabile e critico.

 

Ma qual è il ruolo della comunità educante? E soprattutto, come costruire una “connessione” positiva tra scuola, famiglia e giovani che non demonizzi le nuove tecnologie ma ne sfrutti le potenzialità?Quando si parla di comunità educante si parla inevitabilmente di tutta quella rete con cui bambini e adolescenti si interfacciano quotidianamente e che contribuisce all’acquisizione del sapere formale, informale e non formale; una rete fatta da docenti, famiglie o agenzie operanti sul territorio alle quali, tuttavia, si affiancano e purtroppo arrivano anche a sostituirsi le nuove tecnologie e il mondo dei social. Nonostante genitori ed insegnanti continuino a rappresentare, infatti, ancora oggi, le più importanti figure di riferimento e di identificazione per bambini e adolescenti, non è possibile trascurare l’influenza di molte altre agenzie che, pur se prive di un mandato educativo, dominano significativamente la quotidianità dei nostri figli. Le nuove generazioni passano sempre più tempo in Rete e preferiscono conformare i propri comportamenti a quelli dei Media piuttosto che seguire quanto proposto dai docenti o dai genitori. A questo si aggiunge il fatto che il tempo passato on line, sia su personal computer che sui cellulari, è spesso fuori dalla supervisione degli adulti, esclusi da una realtà virtuale che si sta espandendo senza il minimo controllo ma che potrebbe essere utilizzata per nuove e più sfidanti opportunità. 

È colpa dell’arretratezza di una scuola vista come incapace di adattarsi ai cambiamenti o i cui modelli appaiono troppo lontani dalla società odierna? O è colpa dell’atteggiamento dei genitori,   troppo distanti dai propri figli o troppo impegnati per comprendere il loro mondo?Spesso l’opinione comune tende a porsi domande simili, cercando di attribuire colpe e di individuare colpevoli, soprattutto in occasione di vicende drammatiche o violente che vedono protagonisti uno o più adolescenti. Tuttavia, invece di puntare il dito solo su scuola e famiglia, bisognerebbe considerare ed analizzare anche la complessità sociale, narcisista ed individualista, in cui sono nate e cresciute le nuove generazioni, protagoniste di un’importante trasformazione sociale in chiave digitale; esse sono testimoni, infatti, di nuove modalità di apprendimento, di conoscenza, di comunicazione e di condivisione di cui soprattutto genitori e docenti non possono e non devono ignorare l’esistenza e l’influenza.Nel corso degli ultimi anni, seppur con una certa diffidenza iniziale, la scuola ha accolto via via l’innovazione digitale aprendosi al mondo delle nuove tecnologie; tuttavia, introdurre nuovi device all’interno delle aule non è sempre stato sinonimo di successo formativo e di miglioramento della motivazione degli allievi. 

«I docenti devono riprendere in mano la didattica, basandola sul recupero delle relazioni umane e staccandosi dall'uso del digitale a tutti i costi: per i ragazzi la tecnologia è completamente trasparente, deve tornare a essere uno strumento, non un fine - ha affermato Dianora Bardi, presidente di ImparaDigitale -. Dobbiamo decidere il futuro che vogliamo per i nostri figli, che non possiamo delegare al digitale: non c'è altra strada se non recuperare l'umano».Partendo da questi presupposti molti docenti hanno cercato, allora, di ampliare i propri orizzonti non solo verso l’innovazione, ma anche verso la ricerca e lo sviluppo di nuovi linguaggi, cercando di delineare e ridefinire nuovi ruoli e competenze in un dialogo continuo e diretto con la famiglia, purtroppo non sempre consapevole dei rischi della Rete. La ricerca “Digitale sì, digitale no”, condotta da Acer, Centro studi ImparaDigitale, Cnis, Università Bocconi e Università di Padova, ha evidenziato, infatti, come fuori dal contesto scolastico i genitori utilizzino i device digitali fin dalla più tenera età, per tener impegnato e per distrarre il bambino, come strumento sostitutivo del rapporto educativo, esponendolo a dei pericoli che potrebbero segnarlo pesantemente. Bambini e ragazzi sono, infatti, in una fase della vita in cui la loro sete di conoscenza e la loro impazienza li porta a ricercare risposte veloci e dirette: Internet può soddisfare questo naturale bisogno informativo senza la certezza, però, della veridicità dei contenuti forniti. 

Esso rappresenta un archivio di informazioni infinito che viene interrogato su moltissime tematiche, ma soprattutto su argomenti intimi su cui è spesso difficile porre domande agli adulti in modo diretto. Questo può portare, però, a contenuti non adatti al proprio livello di maturità, ma anche ad informazioni sbagliate che bambini e ragazzi non sono in grado di mettere in discussione. Cyberbullismo, furto di identità, sexting, grooming sono soltanto alcuni dei rischi che i giovani possono incontrare in Rete. Come agire? Come concretizzare un’alleanza educativa tra scuola e famiglia che possa arginare tali rischi? Per fronteggiare questa problematica è importante che docenti e genitori adottino una linea d’intervento educativo comune: il ruolo di genitori e docenti dovrà essere quello di coordinarsi e sostenersi gli uni gli altri, per tracciare una strategia condivisa di educazione alla cittadinanza digitale dei minori.

Per ostacolare il basso livello culturale dei Media e la crescente tendenza ad enfatizzare il successo a tutti i costi, al di là delle competenze acquisite e delle capacità personali, diverse scuole (ma non ancora abbastanza) hanno realizzato, nel corso degli ultimi anni, una profonda rivisitazione pedagogica all’interno di un percorso di co-costruzione del sapere che ha richiesto la compartecipazione anche dei genitori e dei ragazzi. Altre scuole, invece, si sono impegnate nella redazione, in accordo con le famiglie, di una Epolicy d’istituto, documento volto essenzialmente alla diminuzione del divario generazionale e alla creazione di una comunità educante che condivida valori, obiettivi, norme comportamentali e procedurali nell’utilizzo delle TIC, ma anche misure per la prevenzione, la rilevazione e la gestione delle problematiche connesse ad un uso non consapevole del digitale (Fonte sito Generazioni Connesse).In entrambi i casi non si è trattato di “addestrare” gli studenti a cavarsela materialmente in un ambiente rischioso, ma di adottare un approccio complessivo che coinvolgesse attivamente tutti gli stakeholder, sottolineando l’inutilità di atteggiamenti proibitivi verso quello che per i ragazzi è, invece, integrato e inscindibile rispetto alla vita reale. Il confronto e il dialogo costruttivo tra famiglia, scuola, agenzie del territorio, istituzioni pubbliche, operatori del web, piattaforme social, media e informazione e, soprattutto, gli stessi ragazzi e ragazze che usano la rete, risultano, così, fondamentali per promuovere un uso positivo della tecnologia, ma soprattutto per prevenire, riconoscere e gestire eventuali situazioni problematiche. 

Questa nuova e più complessa alleanza educativa comporta ovviamente nuove sfide per tutti i soggetti interessati: una sfida all’innovazione non solo tecnologica, ma soprattutto culturale.Una sfida per la scuola che deve trasformarsi in ambiente di apprendimento inclusivo, spazio non solo fisico ma piattaforma che metta gli studenti nelle condizioni di sviluppare competenze per la vita e che sostenga i genitori nella conoscenza e padronanza del mondo digitale (Fonte PSND). Una sfida per i docenti, educatori e facilitatori che dovranno riuscire ad introdurre nella loro didattica quotidiana percorsi innovativi incentrati sullo sviluppo delle competenze digitali e su contenuti più vicini al mondo dei loro studenti (Fonte PSND).Una sfida per gli studenti, non solo soggetti passivi dei Media, ma utenti consapevoli di ambienti e strumenti digitali, produttori, creatori e progettisti (Fonte PSND).Una sfida  per i genitori che dovranno diventare guide competenti per i propri figli, optando per un dialogo reale e sincero sui rischi e sulle possibilità di internet e del digitale. Fondamentale, inoltre, è che questi facciano riferimento agli insegnanti per scambiare punti di vista, conoscenze e informazioni in quanto il gioco di squadra premia sempre. (Fonte sito Generazioni Connesse). Un’alleanza educativa, quindi, che non si concretizzi solo nella sottoscrizione di un documento condiviso, ma che dia vita, ad esempio, a laboratori o ad eventi aperti al territorio in cui scuola e famiglia possano incontrarsi per apprendere e decidere insieme. 

Un’alleanza che permetta di trasformare eventi o strumenti potenzialmente dannosi in occasioni di crescita, individuando insieme, attraverso un confronto sereno, le iniziative più idonee a rispondere ai nuovi bisogni dei nativi digitali.Un’alleanza che metta concretamente in connessione scuola e famiglia, alleate per contrastare il potere crescente di altre agenzie e della loro offerta rivolta essenzialmente alla fragilità narcisistica delle nuove generazioni.

Barbara Coluccia. Attualmente docente di lingua francese nella scuola secondaria I grado ma profondamente legata alla scuola dell’infanzia, dove ha mosso i primi passi come insegnante, ha svolto nel corso degli anni diversi ruoli nella scuola: collaboratrice della dirigente, animatore digitale, membro del Consiglio d’Istituto, referente alla legalità, membro del N.I.V., coordinatrice e referente per la valutazione PROGETTI – PON, funzione strumentale PTOF e formazione docenti. Dopo aver partecipato ad un progetto di ricerca-azione ha svolto anche diversi incarichi come formatrice per docenti nell’ambito della didattica per competenze e della costruzione degli ambienti di apprendimento anche con l’ausilio del digitale.

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