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L’intelligenza artificiale nel tempo: dai primi passi nella realtà virtuale all’aula immersiva

30 Dicembre, 2023

A.I., the beginning…

C’era un tempo in cui l’espressione “intelligenza artificiale” conduceva le nostre menti su onirici e avventurosi territori abitati da ominidi metallici in grado di riassettare il più caotico bazar in un batter d’occhio, altro che Mary Poppins, o di compiere pericolose missioni a fianco degli umani che poi finivano per esserne soggiogati. Le strade della letteratura e del cinema sono lastricate di suggestioni futuriste, a partire dalle riuscitissime prove di grandi registi quali Stanley Kubrik (“2001: Odissea nello spazio”, 1968), Ridley Scott e poi Denis Villeneuve (“Blade Runner”, 1982 e 2017), Wim Wenders (“Fino alla fine del mondo”, 1991), fino all’omonimo e strappalacrime lungometraggio di Spielberg (“A.I.- Artificial Intelligence”2001). Ed è solo una minutissima selezione.

In questi improbabili mondi, l’intelligenza artificiale era una mano perversa che dopo un’illusoria carezza, ti afferrava ed annientava, era una nuova Apocalisse, era la fine dell’umanità ed era anche la riprova che l’uomo, quello vero e in carne ed ossa, in prima battuta teme il cambiamento, rifugge da trasformazioni eccessivamente radicali e ne esorcizza le paure attraverso le espressioni artistiche.

In realtà, a ben pensare, l’intelligenza artificiale ci è stata accanto ed è cresciuta con noi da tantissimi anni, oseremmo dire fin dal ‘56, con la nascita del cosiddetto Sistema Intelligente, quando in uno storico convegno, tenutosi negli USA, fu presentato il programma Logic Theorist sviluppato da Newell & Simon. Nasceva, prototipo di Turing a parte, l’Informatica e si constatava la grande versatilità di un settore nel quale investire a 360º, capace di muovere il sistema economico planetario,  di coinvolgere ogni ambito possibile, non ultimo quello delle Neuroscienze, in seguito alla ideazione dell’algoritmo che consente l’apprendimento per reti neuronali.

Se consideriamo l’uso dei comuni dispositivi di telefonia mobile o di connessione alla rete, le conduzioni automatiche dei mezzi di trasporto o, ancora, Siri, Alexa, gli algoritmi predittivi dei social o dei siti di e-commerce, arriviamo alla conclusione che da sempre l’uomo è stato protagonista di ideazioni che hanno comportato interazioni con sistemi artificiali, dimostrando di associare l’idea di crescita e di sviluppo a quella di progresso tecnologico.

L’A.I. nella scuola: i primi passi  

Va da sé che se attorno al pianeta Uomo, gira vorticosamente un satellite chiamato A.I. ed è inevitabile interrogarsi sull’uso che la Scuola ha fatto e farà dell’intelligenza artificiale per apportare fruttuosi cambiamenti, virtuose pratiche inclusive e reali crescite del potenziale d’apprendimento. Da anni l’utilizzo dei laboratori informatici nelle istituzioni scolastiche ha offerto esemplari spunti didattici in qualunque disciplina, consentendo, pur restando seduti ai banchi, lunghe camminate agli Uffizi, impegnativi combattimenti tra crociati e musulmani, discese agli inferi per intervistare il guelfo di turno, insomma “vivendo” dall’interno, la Storia, la Letteratura, l’Arte e così per ogni disciplina. 

Cosa dunque è cambiato negli ultimi mesi se, nelle piattaforme legate al mondo dell’istruzione, soprattutto quelle istituzionali, l’intelligenza artificiale è presentata e annunciata come l’ultima frontiera? Cosa bolle in pentola? 

L’A.I. nella scuola dell’era PNRR: verso un Rinascimento digitale

L’input viene dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che ne fa strumento e obiettivo insieme,  lungo la rotta della digitalizzazione, della transizione ecologica e della inclusione sociale, sull’onda di un Rinascimento digitale che si vuole abbia capillare diffusione in ogni settore della vita associata, quindi anche nella scuola. Le risorse allocate sono immense e i bandi progettuali infiniti ma i detrattori lamentano già una mancanza di programmaticità che funga da guida, passo dopo passo, per ogni organizzazione scolastica, attraverso azioni che seguano un percorso generale ben definito ed orchestrato. Ad ogni modo i fondi sono stati erogati e le Scuole possono trarne giovamento attivando dimensioni formative inusitate ed inclusive. 

La domanda a questo è: come l’intelligenza artificiale può essere veicolata nella scuola? Attraverso quale canale? 

Scendiamo nel particolare e cominciamo dal distinguere le tre principali aree attraverso le quali la didattica può assumere contorni assai coinvolgenti. Parliamo di Realtà Virtuale (VR), Realtà Aumentata (AR) e Realtà Mista (MR): si tratta di tecniche di visualizzazione della realtà che consentono esperienze interattive, dinamiche e immersive. Nello specifico, la prima consente di creare un ambiente interamente simulato che favorisce l'interazione autentica e significativa degli studenti con elementi o ambienti virtuali; la seconda si basa sulla sovrapposizione di elementi virtuali al mondo reale attraverso dispositivi mobili o particolari occhiali “intelligenti”; la terza combina i due elementi in un unico ambiente.

Quindi la AR si limita a sovraimprimere un’immagine digitale a quella reale; banalmente, basti pensare a tutte le volte che inquadriamo con la fotocamera del telefonino un’immagine e la modifichiamo con filtri ed effetti speciali: stiamo sovrapponendo una prospettiva digitale ad una reale.

La mixed reality non sovrappone ma mescola e dall’effetto combinatorio viene fuori una interazione che necessita di strumenti ben più sofisticati di uno smartphone.

La Virtual Reality ci immerge in un ambiente totalmente digitale, ricreato, nel quale, con un apposito visore, è possibile interagire con oggetti e personaggi, attraverso dei dispositivi chiamati “controller”. Siamo già nel Metaverso…

La ricaduta che l’interazione Intelligenza artificiale, nuove tecnologie e didattica può esercitare nei processi formativi, è straordinaria in termini di motivazione, coinvolgimento, concentrazione, interesse, partecipazione attiva, personalizzazione dell’apprendimento, inclusione.

Qualche esempio pratico: visualizzare in 3D organismi biologici o oggetti matematici, esplorare l’universo extraterrestre fluttuando come curiosi astronauti, simulare l’ambientazione di un’opera letteraria e trovarvisi dentro, accanto ai personaggi, simulare situazioni complesse legate a qualunque disciplina, imparare le regole di un gioco sportivo o di una lingua straniera, tutto questo e molto più di questo può rendere l’esperienza didattica efficace e fruttuosa.

Dietro l’angolo, alcuni pericoli da schivare: 

  • perdere di vista lo scopo formativo trasformando la lezione in una attività ludica fine a se stessa;
  • generare malesseri tra gruppi-classe che sono coinvolti ed altri che non lo sono;
  • confondere negli studenti la percezione tra realtà fisica e realtà digitale;
  • resistenza del corpo docente a formarsi a nuove metodologie, più consone alla didattica affidata all’intelligenza artificiale e alle moderne tecnologie.

Soluzioni e proposte concrete:

Pensare di integrare, e non sostituire la didattica tradizionale con quella virtuale. Sarebbe sufficiente che la scuola acquistasse un kit per la costruzione di un’aula immersiva cui tutte le classi di un plesso, a turno, possano accedere per eseguire un compito ben preciso. Giunti-Treccani con Campus Store, offre una soluzione concreta: l’aula MIRI, che consta di pareti nelle quali prendono vita situazioni di altissimo impatto realistico per esperienze immersive decisamente coinvolgenti che consentono di esplorare, interagire, sperimentare e cimentarsi. È il cuore pulsante della vera didattica per competenze e dell’apprendimento esperenziale. La valutazione, che nella scuola rappresenta un momento cruciale di tali azioni formative, dovrebbe essere ispirata ad una logica autovalutativa: questionari, diari di bordo, portfoli, guidati magari dal docente ma sempre tali da suggerire una lettura introspettiva del discente, un’analisi del “cosa ho saputo fare” e del “come posso farlo meglio”. La verifica delle competenze acquisite consisterà nella realizzazione di un prodotto finale: una brochure, una guida, un vademecum, una presentazione digitale e sono solo esempi. Alla fine dell’attività il docente utilizzerà delle rubriche di valutazione che non contemplino voti numerici ma fasce di livello: iniziale, base, intermedio, avanzato.  Appare superfluo sottolineare che gli studenti BES, se ben guidati, possono trarre grandi vantaggi da una dinamica di tal sorta.

Insomma, la prudenza non è mai troppa, indubbiamente, ma è necessario comunque che l’intera classe docente cominci a sperimentarsi e a mettersi in gioco per accogliere le nuove frontiere di una didattica affidata alla tecnologia più avanzata per realizzare la vera inclusione che consiste nella valorizzazione del potenziale d’apprendimento dell’intero gruppo classe. Col PNRR oggi si può. 

GIOVANNELLA GENNARO

FONTI:  

  1. documentazione personale
  2. https://www.intelligenzaartificiale.it/#Come_e_quando_nasce_l8217Intelligenza_Artificiale
  3. https://youtu.be/aVWHp8FsV1w?feature=shared
  4. https://youtu.be/YuCJBe7GRmM?feature=shared
  5. https://youtu.be/oBOGkOAV4YA?feature=shared
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30 Dicembre, 2023